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di LUCIANO ZANARDINI 22 ott 2020 11:03

Il genocidio del popolo armeno

Se c’è un popolo che ha molto sofferto e continua a soffrire, questo è il popolo armeno. Nella zona del Nagorno Karabakh, una regione che si trova geograficamente al confine tra Armenia e Azerbaijan, si consuma uno dei tanti conflitti dimenticati. Circa il 50% dell’intera popolazione della Repubblica dell’Artsakh (oltre 75mila persone) è fuggito e ha lasciato le proprie case. Altri hanno preferito rifugiarsi in Armenia. Chi è rimasto, vive da 25 giorni nei rifugi per proteggersi dagli attacchi militari delle forze azerbaigiane. Sono state colpite un gran numero di istituzioni come scuole, asili, centri culturali, fabbriche e cattedrali. Parliamo di una piccolo Paese in cui si parla armeno.

Artsakh è da sempre terreno armeno: ha fatto parte delle province orientali della Grande Armenia e anche prima si possono trovare menzioni in molti storici greci e latini; la popolazione è sempre stata armena. Gli armeni sono cristiani apostolici e sono la prima nazione al mondo ad abbracciare la fede cristiana come religione di stato nel 301. È vero che durante il regime sovietico ci sono stati anche gli azeri a causa della politica staliniana sulle deportazioni forzate, tuttavia la terra di Artsakh è sempre stata di maggioranza armena. Conta una popolazione di circa 150.000 abitanti.

Nelle ultime settimane si assiste a una recrudescenza bellica: il conflitto è iniziato nel 1992. “La guerra – ha scritto in una lettera l’arcivescovo Raphael Minassian – porta solo devastazione, distruzione e tragedie. La comunità internazionale sembra impotente, così come era successo 105 anni fa, con il genocidio perpetrato ai danni della minoranza armena in Turchia, sembra preferire salvaguardare l'aspetto economico piuttosto che aiutare un popolo per primo aveva abbracciato la fede cristiana”.

Una testimonianza diretta arriva anche da Metaksya, che, in Italia dal 2005, denuncia i crimini contro l’umanità nei confronti del popolo armeno “nel silenzio generale a causa degli interessi economici (gas e petrolio) in gioco: l’esercito turco-azero sta realizzando una vera e propria pulizia etnica. Oggi parliamo di crimini di guerra, ma ieri assistevamo a frequenti discriminazioni. Purtroppo la Repubblica, nata dalle ceneri dell’Unione Sovietica, non è mai stata riconosciuta e non viene considerata. Dobbiamo alzare la voce per salvare la popolazione civile di entrambe le parti”. Sì, perché l’Azerbaijan, che ha mandato e manda al massacro in prima linea le minoranze etniche, colloca le sue batterie missilistiche presso i centri abitati. A pagare il prezzo più alto sono quindi anche i cittadini del presidente Ilham Aliyev che viola le norme internazionali con l’appoggio diretto della Turchia e indiretto di quelle nazioni che non si accorgono di quanto sta succedendo. L’interesse economico prevale su tutto. Basti pensare che le armi in dotazione allo Stato azero arrivano per la maggior parte da Israele. La storia si ripete ma non ci insegna nulla. Chi ha vissuto sulla propria pelle un genocidio ne alimenta un altro. "La maggior parte del dolore di oggi è il risultato delle imprecisioni nelle formulazioni storiche e politiche. Purtroppo la storia è stata falsificata e non è cambiato nulla, anzi, è sempre peggio".


LUCIANO ZANARDINI 22 ott 2020 11:03