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di RAFFAELLA FALCO 27 gen 2022 08:44

L'originalità di un capo

Impossibile non lasciarsi attirare dai saldi di questo mese, nemmeno se sei una suora con voto di povertà incorporato e abito non esattamente corrispondente ai dettami dell’ultima moda. Se qualche anno fa dovevi per forza di cose uscire di casa per imbatterti nelle occasioni imperdibili dei saldi, adesso basta toccare il cellulare e ti ritrovi “vestita” di tutto punto, addirittura secondo i tuoi gusti. E tutti ormai sappiamo perché.

Quello che, forse, non sappiamo è come far diventare l’atto di acquistare un capo di abbigliamento e poi indossarlo un rito e, con qualche accorgimento sapienziale, una vera e propria liturgia. Giacomo di Sarug, vescovo e teologo vissuto in Turchia un bel po’ di secoli fa, ha pagine stupende sull’amore di Cristo per la Chiesa, sua sposa: arriva a dire, in un sublime afflato di poesia/contemplazione, che Gesù ha indossato la nostra umanità – la Chiesa – e noi indossiamo Lui nel Battesimo. Che anche i nostri vestiti possano diventare segno di Lui, della Sua vita in noi, è abbastanza risaputo negli ambienti di preti e suore, ma che ogni cristiano possa essere preghiera semplicemente indossando un abito, scegliendo un colore, coprendo o scoprendo una parte del corpo… potrebbe essere un’altra lettura che la grammatica dell’Incarnazione ci insegna. Qualcuno, più in sintonia con la natura, potrà sottolineare nel suo vestire la cura con cui il Padre si preoccupa dei Suoi figli: “Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano".

Eppure io vi dico: neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro” (Lc 12,27); ci sarà chi sceglierà la comodità che permette di essere pronti ad amare, a correre e servire i bisogni dei fratelli o la sobrietà per testimoniare la solidarietà con i poveri, chi presterà maggiore attenzione all’eleganza, ai capi più ricercati, per regalare bellezza, chi vedrà nella tuta da lavoro una possibilità di sporcarsi per riparare o creare e chi ritroverà in una divisa l’orgoglio di un’appartenenza, chi vorrà vestirsi come le persone che frequenta per sentirsi parte di una comunità e chi invece preferirà l’originalità di un capo o di uno stile per farsi conoscere, chi un colore, una sfumatura, un taglio, una stoffa… È troppo immaginare una liturgia di abiti in giro per le città e persino nelle vetrine dei negozi? Io non credo, tanto che ho imparato a dire ogni mattina, mentre mi vesto, queste parole che risalgono al mio noviziato: “Rivestimi di te, Signore, perché io sia te, mani, occhi, mente, cuore”. È vero, non sempre me ne ricordo e non è necessario farlo ogni giorno. Basta crederlo e, nel segno esteriore, indossare Lui, che ha già indossato noi.

RAFFAELLA FALCO 27 gen 2022 08:44