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Roma
di MARIASTELLA GELMINI 23 apr 2025 19:03

Papa Francesco era animato dalla fratellanza

Questa mattina ho fatto visita alla Camera ardente di papa Francesco. Un dovere esserci per ricordare un grande Papa, un grande uomo e un grande pastore. Il Santo Padre ha conquistato da subito il mondo con la scelta del nome Francesco sulle orme di San Francesco di Assisi, simbolo universale di povertà e di cura per il creato. Oggi avvertiamo tutti un sentimento di profondo vuoto. Papa Francesco sapeva immedesimarsi in noi fedeli; relazionarsi con ciascuno di noi come uno di noi; l’empatia del Santo Padre era pari alla sua grande levatura religiosa. L’abbiamo visto anche negli ultimi giorni, quando ha voluto ringraziare personalmente tutti gli operatori sanitari che si sono presi cura di lui al Policlinico Gemelli.

Ma per un credente oggi non è solo il giorno del cordoglio. Dobbiamo molto di più a papa Francesco. Certo il ricordo, ma anche un impegno a mettere in pratica—nel quotidiano—i suoi insegnamenti, sui quali dobbiamo riflettere a fondo, per continuare a far vivere l’eredità che il Santo Padre ci ha trasmesso nella storia di ciascuno di noi. E che cosa ci ha insegnato Papa Francesco? Ci ha insegnato moltissimo.

Francesco è stato Papa degli ultimi, dei deboli, dei fragili, degli invisibili. Ha esortato la Chiesa a uscire da se stessa per andare nelle periferie: non solo quelle delle grandi città, ma anche quelle esistenziali; lui stesso si diceva pellegrino nelle periferie della terra. Non dimenticheremo mai l’attenzione di papa Francesco nei confronti dei detenuti nelle carceri italiane. Non solo ha stupito il mondo aprendo la Porta Santa nella casa di reclusione di Rebibbia, a Roma, lo scorso 26 dicembre; a quattro giorni dalla morte si è recato in visita ai detenuti del carcere di Regina Coeli.

Oltre ai poveri e agli ultimi, papa Francesco ha elogiato anche gli anziani, richiamandoci all’urgenza di recuperare i valori dei nostri nonni—cioè l’esperienza, la saggezza, il discernimento, l’ascolto e la lentezza. Il suo Pontificato è stato una rivoluzione all’interno della Chiesa Cattolica.

Primo Papa Gesuita, primo Papa non europeo, primo Papa del Sud del mondo; Francesco invitava vescovi e prelati ad essere pastori con l’odore delle pecore; ad abbracciare cioè i valori del cristianesimo delle origini. Ha concesso tra l’altro il diritto di voto alle donne nel Sinodo dei Vescovi, la cui segreteria generale ha come sottosegretario una donna, suor Nathalie Becquart. Ricordiamo tutti la nomina di Barbara Jotta a direttrice dei Musei Vaticani.

Papa Francesco ha rivoluzionato anche le categorie del linguaggio, dimostrando grande padronanza degli strumenti di comunicazione pur avendo fatto voto di non guardare mai la televisione. L’Enciclica Laudato si’ del 2015 prende le mosse dal Cantico delle creature di San Francesco. Questa Enciclica è una chiamata alla responsabilità collettiva. Il Santo Padre ci ha chiesto di prenderci cura del creato per trasmettere integro alle nuove generazioni il patrimonio naturale che è dono di Dio.

Laudato si’ è un’esortazione a fare i conti con la triste realtà della crisi climatica; non per ragioni ideologiche ma anzi costruendo un fronte condiviso e unitario di risposta alla crisi globale. Perché l’emergenza ci riguarda tutti. E però occorre trovare un equilibrio tra la tutela economica (cioè la tutela del benessere degli individui) e la tutela dell’ambiente.

È proprio questa l’ecologia integrale di cui parla papa Francesco, punto di mediazione tra la sopravvivenza dell’uomo e quella della natura, del creato di cui l’uomo fa parte. A proposito dell’ambiente, prima di continuare, mi preme fare una considerazione di metodo.

Sentiamo dire spesso, in questi giorni, che papa Francesco è stato il Papa ambientalista e dunque il papa progressista. Bene, penso che sia profondamente sbagliato ingabbiare il Santo Padre nelle categorie di progressismo e conservatorismo, della destra e della sinistra. Il Papa è il Papa, punto. Può essere un punto di riferimento politico, ma per definizione non fa politica. E menomale. Una delle espressioni usate da papa Francesco che rimarranno nella storia è quella secondo cui ci troviamo, senza rendercene conto, dentro “una terza guerra mondiale a pezzi”.

D’altronde il mondo, papa Francesco, lo conosceva bene, visto i viaggi apostolici che hanno rappresentato l’essenza del suo magistero. Penso ai viaggi nelle zone più disagiate del pianeta: in Bangladesh, in Myanmar e nell’Africa subsahariana. Ma penso anche alla mediazione col comunismo della Cina, dove nel 2018 il Santo Padre sottoscrisse un accordo provvisorio per la nomina dei vescovi. Penso infine agli incontri volti a promuovere il dialogo interreligioso: nel 2016 col Patriarca ortodosso di Mosca Kirill; nel 2021 col Grande Imam sunnita Al-Tayyeb e con l’Ayatollah sciita Al-Sistani.

La sfida della realtà, disse papa Francesco, chiede anche la capacità di dialogare, di costruire ponti al posto di muri.Animava papa Francesco un impegno urgente per la costruzione di una fratellanza universale. Ma anche un senso di giustizia che non scende a compromessi con i violenti e i prepotenti. Esempio di umanesimo, di umanità, dello spirito di servizio; di amore per l’ambiente, di dialogo e di universalismo. In questo breve intervento, ho potuto fare solo una panoramica dell’immenso contributo di papa Francesco nei 12 anni del suo dirompente Pontificato.

Tocca a noi far sì che i semi piantati dal Santo Padre diano fiori e frutti e che il suo insegnamento venga trasmesso ai nostri figli e alle generazioni future come testimonianza di fede e di vita impeccabile. Una testimonianza da vivere e conoscere non solo con l’intelletto ma anche e soprattutto con il cuore. E a proposito di cuore, voglio concludere con una citazione da Dilexit nos, l’ultima enciclica del Santo Padre: Davanti al Cuore di Cristo—dice papa Francesco—chiedo al Signore di avere ancora una volta compassione di questa terra ferita, che Lui ha voluto abitare come uno di noi. Che riversi i tesori della sua luce e del suo amore, affinché il nostro mondo, che sopravvive tra le guerre, gli squilibri socioeconomici, il consumismo e l’uso anti-umano della tecnologia, possa recuperare ciò che è più importante e necessario: il cuore.


Foto Siciliani-Gennari/SIR

MARIASTELLA GELMINI 23 apr 2025 19:03

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