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Brescia
di RAFFAELLA FALCO 19 mag 2022 09:10

Vero uomo, vero Dio

Il lavoro è costitutivo dell’identità umana redenta

Con S. Giuseppe lavoratore abbiamo festeggiato da poco il 1° maggio e con S. Arcangelo Tadini, inventore delle Suore Operaie, festeggeremo il 21 maggio. Tra queste due date, quest’anno, calendario alla mano, si spalmano esattamente tre settimane lavorative, da lunedì 2 a venerdì 20. Forse non è un caso. Festeggiare liturgicamente il lavoro e i lavoratori non può prescindere da quei cinque o più giorni che stanno tra le feste o le domeniche o i riposi.

Non è un caso nemmeno che la prima festa sia quella di S. Giuseppe e la seconda di S. Arcangelo, che ha indicato in Gesù lavoratore il centro ispiratore del carisma affidato alle Suore Operaie e a tutti i lavoratori. Giuseppe, carpentiere, insegna un mestiere a Gesù e lo fa così bene, e con così tanta passione, che il nostro Dio sceglie di stare 30 anni in quella bottega, prima di dedicarsi all’annuncio del Regno. Trent’anni sono un po’ meno della media degli anni richiesti per andare in pensione, ma ricoprono la quasi totalità della vita terrena di Gesù. Come è possibile? 2000 anni fa la vita di molti popoli era in mano al capriccio di pochi potenti. Milioni di schiavi sudavano sotto il sole in attesa di liberazione. La fame e le malattie, l’odio e la violenza opprimevano il cammino dell’uomo, ieri come oggi. E Dio cosa faceva? Sgabelli! Con queste parole, qualche anno fa, noi, Suore Operaie, ci siamo presentate, per raccontare la nostra missione di annunciare il Vangelo del lavoro.

È un bel Vangelo questo, scritto tanti anni fa da Gesù di Nazareth e continuamente edito ogni giorno, ad ogni ora, da chiunque di noi su questa terra, compia da cristiano, fratello di Cristo, figlio di Dio, un qualsiasi lavoro, con fatica o con gioia, nella disperazione o nella speranza. Perché sempre di Vangelo si tratta. Di buona notizia, dunque. E la buona notizia è questa: il lavoro, nella grammatica dell’Incarnazione, è costitutivo dell’identità umana redenta, perché vissuto per tanti anni da Gesù, vero uomo e vero Dio. Non solo ci dà dignità, ma ci rende più umani, più veri, più vivi. Padre Sicari ha un’illuminante lettura della vita di Gesù: 30 anni di vita “normale”, come la nostra, così chiara che non c’è bisogno di parlarne, 3 anni di vita pubblica che serviranno a Gesù per tentare di spiegare, con parabole, miracoli e segni, il “segreto” della vita di Nazareth e 3 giorni per portare a compimento ciò che là era iniziato. È tutta qui la salvezza che ci dona Cristo: dal vagito di Betlemme allo sgabello di Nazareth, dal cieco di Gerico alla croce del Golgota, fino alla risurrezione, tutto di Lui, in noi e con noi, colora di senso e di bellezza le nostre ore di vita, persino quelle più dure di lavoro.

RAFFAELLA FALCO 19 mag 2022 09:10