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di CLAUDIO CAMBEDDA 09 ott 2025 09:06

Acque libere?

Flotilla all’orizzonte! Il tema oggi preferito dal mainstream italiano riguarda la flotta diretta verso Gaza. E mentre un nuovo gruppo di navi dalla Turchia incrementa la Flotilla, il dibattito sulla legittimità dell’intervento marittimo dell’esercito israeliano pare oscurare il tema di fondo del genocidio operato dai sionisti a carico dei civili palestinesi e la condanna internazionale per crimini contro l’umanità gravante da tempo sul premier israeliano e sui suoi efferati sodali. Cerchiamo di capire le regole vigenti nel mar Mediterraneo. La normativa mondiale sulle acque internazionali è principalmente regolata dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, “Unclos – United Nations Convention on the Law of the Sea”, trattato internazionale in vigore dal 1994 per risolvere il problema delle rivendicazioni sulle acque territoriali (caso Avid Pardo, 1967). Esso definisce diritti e responsabilità degli Stati nell’utilizzo dei mari e degli oceani, definendo linee guida che regolano trattative, ambiente e gestione delle risorse naturali. L’“Unclos” abrogò la teoria delle acque internazionali “di nessuno”, vecchio concetto (1600) della libertà dei mari secondo cui i diritti nazionali erano limitati a fasce estese per tre miglia nautiche secondo la regola detta dello “sparo del cannone” (teoria di van Bynkershoek). Oltre tale fascia si considerava l’“acqua internazionale”, di proprietà di nessuno Stato, di libero accesso a ognuno di loro. Fra il 1946 e il 1950, vari Paesi dichiararono l’estensione delle proprie acque territoriali a volte fino a 200 miglia nautiche.

La Convenzione delimita varie aree marine a partire dalla “linea di base” (linea spezzata che unisce i punti notevoli della costa): acque interne (entro la linea di base), acque territoriali (dalla linea di base a 12 miglia nautiche, con diritto di passaggio inoffensivo, continuo e spedito che non pregiudichi pace, buon ordine e sicurezza dello Stato costiero), arcipelaghi, zona contigua (non oltre le 24 miglia nautiche dalla linea di base, ove lo Stato costiero può sia punire le violazioni commesse sia prevenire le violazioni alle proprie leggi), piattaforma continentale (prolungamento dello Stato costiero che può superare le 200 miglia nautiche, ma non eccedere le 350). Le controversie giuridiche in mare riguardano prevalentemente questioni di sovranità e di violazioni della libertà di navigazione. Per capire chi, fra la “Flotilla” e le navi militari israeliane, viola norme, occorre verificare specificamente vari parametri (anche la Palestina è Stato costiero). Riuscirà Nethanyahu ad applicare con equità le norme più discrezionali del Trattato?

CLAUDIO CAMBEDDA 09 ott 2025 09:06