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Roma
di FRANCESCO PROVINCIALI 08 giu 2023 09:11

Alla ricerca del centro perduto

La tenacia e la perseveranza con cui sono stati spesi fiumi di parole sul centro politico e su tutti i possibili temi su cui argomentare intorno alla sua auspicata ricomposizione avrebbero onestamente meritato una sorte migliore di quella finora raffazzonata da tentativi francamente inconcludenti.

L’onestà intellettuale di chi ci ha creduto è stata persino commovente anche se i più diffidenti l’hanno scambiata con una forma pervicace di ottusa resistenza alla realtà.

Eppure c’è tanta gente per bene che crede che la nobiltà dei valori e l’ispirazione culturale siano conservati sotto la protezione del cattolicesimo sociale: “nescit occasum lumen ecclesiae”.

Oltre a fumisterie linguistiche esternate in convegni di redivivi ex ‘tal dei tali’ che con il passare degli anni sono diventati l’ombra di se stessi. Ne ho visto di sfuggita in TV uno che secoli fa diceva in giro “bravo, il partito ha bisogno di giovani come te”: di acqua sotto i ponti ne è passata ma lui è sopravvissuto passando da una parte all’altra, in un parlamento che ha assunto per decenni le sembianze de ‘L’albergo del libero scambio’ e delle porte girevoli di Georges Feydeau mentre i militanti sono rimasti uomini quidam, forse per demerito, forse perché tutti i posti sono sempre stati occupati da gente migliore e con le idee più chiare, a partire dal comitato degli inconcludenti fino al Circolo Pickwick dei sognatori. Adesso si riaffaccia chi vorrebbe – dopo che ci hanno provato altri- ricompattare la schiera degli illusi: c’è bisogno di qualcuno che abbia avuto un ruolo di un certo livello in passato, un nome di richiamo anche se magari per lungo tempo dimenticato, che possa riproporsi come aspirante leader del rinnovamento e poi serve una platea di creduloni disposti a raccattare voti e consensi nella cerchia degli ex compagni di scuola e di parrocchia. Nell’anonimato dei soccombenti chi ha una storia si può ripresentare con un certo blasone: il problema è che la gente non ci crede più. Intanto il centro parlamentare è la summa delle diaspore personali, le soggettività e i personalismi prevalgono sulle idee. Roba da arsenico e vecchi merletti.

Taluni si appropriano degli storici, alti ideali del cattolicesimo popolare ma si tratta di una copertura di comodo, un’idea evanescente che mette insieme una compagine di nostalgici ricchi di memoria personale e poveri di progettualità comunitaria.

Qualcuno si è accorto che la crescita dell’astensionismo elettorale è stata speculare alla decrescita ideologica della moderazione: ora contano le polarizzazioni e le ostentazioni muscolari, molte chiacchiere che non raccolgono proseliti perché hanno perduto l’aggancio con la società reale e vivono di suggestioni. Il teorema del “campo largo” e pure progressista è una delle espressioni più evanescenti che si siano ascoltate negli ultimi decenni, un trionfo della retorica salottiera, che fa il paio con le priorità politiche che avanzano: quella dei diritti ha radici antiche ma ora evoca suggestioni demagogiche e movimentiste. Chi si scandalizza per la vittoria schiacciante della destra dimentica che temi come il lavoro, la sicurezza, la famiglia, il merito, l’appartenenza ad una comunità nazionale identitaria, la tradizione culturale sono stati per troppo tempo scartati dall’agenda politica progressista e dall’innovazione forzata, spacciata per apertura sociale e welfare del ‘tutto è dovuto’ (a tutti).

La politica vive di metafore per suscitare retoriche immaginifiche ma all’atto pratico si presenta blindata davanti al popolo: con questo sistema elettorale la democrazia sostanziale è prigioniera e preclusa e lo sarà fino a quando i partiti resteranno congreghe padronali dove sono premiati non i migliori ma i fedeli e gli amici degli amici. Può esistere un centro politico che espunga queste distorsioni e si presenti con la forza delle idee e una progettualità sostenibile? Finora non pare che ciò sia accaduto o possa accadere. Né pare immaginabile che qualche ex sergente o caporale si ripresenti a mietere il raccolto del disagio sociale.

E’ora di finirla con i politici a vita, serve un ricambio generazionale ma anche esperienziale.

Il centro stenta a decollare perché ha ignorato il senso della parola “rinnovamento” ed è diventato il luogo geografico di convergenza dei transfughi e del moderatismo scambiato per moderazione.

Come costruire in questo spazio un centro politico a cui è sfuggita di mano la società?

Che non si è accorto della scomparsa del ceto medio? Che confida più nell’osmosi dei transiti da destra e da sinistra che nella propria compattezza supportata da un modello di sviluppo sociale da proporre ai cittadini? Non basta definirsi moderati: servono idee chiare e determinazione, competenza e responsabilità. Ci sono risorse nuove che meritano di essere valorizzate.


Foto Sir/,Marco Calvarese

FRANCESCO PROVINCIALI 08 giu 2023 09:11