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di GIUSEPPE MARI 08 gen 2015 00:00

Caro Babbo Natale...

Alla Stazione Centrale di Milano l’albero di Natale era ricoperto da fogli e foglietti con le “letterine” indirizzate a Babbo Natale

Chi si è trovato a transitare – durante le feste – per la Stazione Centrale di Milano ha potuto ammirare un grande albero addobbato, sfavillante di luci e di colori. Fino a qui, nulla di sorprendente, ma chi si è avvicinato ha potuto accorgersi del fatto che – fino ad altezza d’uomo – l’albero era ricoperto da fogli e foglietti recanti altrettante “letterine” indirizzate a Babbo Natale, alcune della quali in forma di vera e propria preghiera. Il fatto che si tratti di pensieri scritti in più lingue fa pensare che siano stati lasciati da viaggiatori di passaggio. La cosa non mi ha lasciato indifferente.

Infatti, è vero che – tra i generi letterari – c’è anche la finzione e che lungo i secoli sono state scritte opere programmaticamente “utopistiche” cioè che non si fanno carico di misurarsi con la realtà effettiva. È altrettanto vero che – da sempre, già dall’antichità – sono stati pubblicati racconti in forma di mito o di romanzo, anch’essi proiettati oltre la distinzione tra ciò che è vero e ciò che è inventato. In certi casi si è trattato di veri e propri capolavori perché la fantasia fa parte dell’umanità e da essa proviene la produzione narrativa di questo tipo… però scrivere “letterine” a Babbo Natale e, per di più, in forma di preghiera con tanto d’invocazione, richiesta di perdono, promessa, ecc., fa un certo effetto.

Si tratta di grafie generalmente associabili agli adulti che – ci si aspetta – abbiano trovato, almeno indicativamente, un orientamento per quanto concerne la dimensione della trascendenza e della fede, al di là di dove conduca. Potrebbero fingere adottando collaudate strategie letterarie? Certamente, ma – di fronte ad affermazioni per nulla generiche, anzi riguardanti casi della vita “difficili” (come la malattia, la crisi familiare, la sofferenza d’amore…) – mi viene spontaneo domandarmi che senso abbia una simile forma di comunicazione.

Non azzardo risposte, mi limito a una osservazione. Forse, al di là di come la si può pensare, quello che affiora è un radicato desiderio di oltrepassare ciò che si può “vedere”, ma sembra andare in una direzione – tra il ludico e il caricaturale – che mi lascia perplesso. Se veramente c’è in gioco qualcosa di profondo, meriterebbe di essere espresso in maniera meno banale. Anche perché la produzione fantastica – che c’è sempre stata e non va certamente disprezzata – si è sempre espressa insieme alla esplicita capacità di distinguere tra le cose vere e quelle immaginarie.
GIUSEPPE MARI 08 gen 2015 00:00