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di MASSIMO VENTURELLI 16 lug 2015 00:00

Ci sono immagini e immagini

Mentre "Voce" pubblica le allegre immagini dei grest, dalla Siria arrivano ben altre istantanee che ritraggono bambini soldato

In queste settimane “Voce” sta dando conto dell’esperienza del grest negli oratori della diocesi. È un viaggio, quello intrapreso dal settimanale, che racchiude in tanti scatti fotografici momenti di gioia vera, situazioni in cui i più piccoli sono veramente al centro delle attenzioni e delle preoccupazioni educative delle nostre comunità. Immagini belle che stridono, però, con le ultime scioccanti giunte solo pochi giorni fa dalla Siria. Non sono fotografie di bambini che giocano, tutt’altro.

Là, nel sito archeologico di Palmira, venticinque soldati siriani vengono uccisi a colpi d’arma da fuoco da bambini e adolescenti assoldati dallo Stato Islamico (Isis). Bambini arruolati a forza, dal Califfato e addestrati a uccidere, a compiere attentati kamikaze contro obiettivi militari e civili. Quelle immagini, diffuse in tutto il mondo, “certificano” quella che forse è la novità più drammatica della guerra che sta devastando la Siria: l’uso dei bambini in battaglia. Nessuna delle parti in lotta sembrerebbe essere esente da questa infame pratica. Il rendere i più piccoli protagonisti di video e di scatti in cui sono documentate violenze immani racconta il grado di “spettacolarizzazione” raggiunto dalla guerra in Siria, e non solo.

Sono numerosi i Paesi in cui questa pratica viene condotta. Sud Sudan, Sierra Leone, Repubblica Centrafricana, Somalia, Afghanistan sono realtà in cui operano i bambini di guerra, come denunciano senza requie molte organizzazioni internazionali. Attualmente sarebbero 250mila i bambini coinvolti in conflitti nel mondo. Piccoli e piccolissimi usati come combattenti, messaggeri, spie, facchini, cuochi del tutto privati dei loro diritti e della spensieratezza che dovrebbe essere dell’infanzia. In Siria e in Iraq oggi la propaganda passa anche attraverso minori che uccidono, o che agitano le bandiere nere dello Stato Islamico o inneggiano allo sgozzamento dell’infedele.

Minori desensibilizzati per rendere accettabile il crimine, mostrati quali protagonisti di azioni efferrate con l’intento di colpire l’attenzione dei media internazionali e dell’opinione pubblica occidentale.
Ma come rispondono i media internazionali a immagini come quelle giunte da Palmira che raccontano del dramma di un’infanzia a cui è stato sottratto il diritto alla gioia? Dov’è oggi l’indignazione dell’opinione pubblica?
In un recente passato la piaga dei bambini soldato nei conflitti africani era stata denunciata e affrontata con passione ed efficacia. Tanti i progetti e gli interventi di prevenzione e recupero, di informazione e di monitoraggio della situazione che erano stati messi in campo per mostrare la gravità delle violazioni commesse e per costringere chi colpiva, abusava o sfruttava i bambini a renderne conto.

La stessa passione e la stessa indignazione sembrano svanite davanti alle immagini (dure e crudeli allo stesso tempo) dei bambini usati nei conflitti di Siria e Iraq. Davanti a quei bambini, che evidentemente non hanno la fortuna e la spensieratezza di quelli ritratti nei nostro grest, passione e indignazione non possono più essere di facciata.
MASSIMO VENTURELLI 16 lug 2015 00:00