Di domanda in domanda
Come sarebbe piatta una vita spirituale fatta di risposte, di sentenze, di punti a capo. Peggio ancora sarebbero i punti esclamativi, tassativi, categorici, perentori, rigidi e vincolanti. Leggermente meglio i tre puntini di sospensione, per quello spazio lasciato all’accadere di un incerto futuro, prossimo o lontano, scelto o subìto, controllato o affidato. Del punto e virgola non saprei che farmene. Il suo corretto uso sarebbe una sorta di attenuazione del punto, una scelta indolore per salvare capra e cavoli, tenermi aperte due vie di uscita, in una triste situazione di tiepidezza che fa vomitare addirittura Dio e… Dio non voglia. Rimane l’inflazionata virgola, spesso messa a caso, qua e là, giusto per prendere un po’ di respiro e, si sa, di aria lo Spirito vive.
Sono quelle pause che appoggi ogni tanto, quando sei così vicino a Dio, che ti manca il fiato e senti che, se vai avanti così, muori. Ben venga, allora, la virgola, se ancora non è giunta la tua ora di vedere Dio faccia a faccia. Un bel respiro e si riparte, a volte, magari, tornando indietro, nel qual caso la virgola è ossigeno, quando hai l’acqua alla gola, tanto sei caduto in basso. I due punti vengono buoni quando vuoi fare un elenco: di propositi, di comandamenti, di peccati, di buone azioni, che spesso ti servono solo nel momento in cui li scrivi, tanto poi li dimentichi. Il punto interrogativo è il vero mattone su cui posso costruire la mia solida vita di fede, perché so che sono davanti a Qualcuno che prende molto sul serio la mia esistenza, a partire dalla mia intelligenza, dalle domande, appunto. Forse è questo il motivo delle numerose domande presenti nei Vangeli, poste soprattutto sulle labbra di Gesù, per sollecitare le nostre, quelle profonde, che non abbiamo la forza o la voglia di pronunciare.
Recentemente è uscito un libro: “Agli incroci della vita. Le domande che ci stanno a cuore”, del gesuita Gaetano Piccolo, un testo pieno di domande, perché, come si legge nella presentazione, “non basta cercare risposte: serve ascoltare le domande. Quelle vere, che ci abitano nella fatica, nei legami, nei silenzi”, quelle che non ti istruiscono circa le verità dei punti a capo o le ideologie dei punti esclamativi, ma ti aprono spazi in cui incontrare Uno che è La verità, molto di più di quello che immagini, Uno davanti al quale le tue domande non sono mai sazie di risposte, perché le stesse risposte rinviano ad altre domande. E così via, in un continuo scendere, sempre più a contatto con la nostra umanità e, paradossalmente, un continuo salire verso il divino per cui siamo fatti. Di domanda in domanda. Fino alla fine.