Eredità e promessa
Ci sono momenti in cui una comunità si guarda allo specchio e prova a dire chi è, quale storia la abita, quale futuro desidera costruire. L’evento vissuto a Breno sabato scorso è stato uno di questi. In un tempo attraversato da paure e chiusure, la scelta di inaugurare un’installazione artistica dal titolo eloquente “Di nessuno”, racconta la verità più profonda del viaggio umano: nessuno possiede la vita, nessuno può rivendicare la terra, nessuno può decidere da solo chi è dentro e chi è fuori. Siamo, semplicemente, tutti pellegrini. L’opera dedicata alle migrazioni, collocata nella chiesa di Sant’Antonio e visitabile fino al 22 novembre, interpella ciascuno: da dove veniamo davvero? Cosa abbiamo ricevuto, senza merito, come dono? E soprattutto: chi diventeremo accogliendo chi cerca un varco di speranza nella nostra terra?
Il Circolo Acli Media Valle Camonica ha scelto di legare l’installazione a un gesto: la dedicazione di un ulivo al progetto “Breno città aperta”, che da anni offre accoglienza ai richiedenti asilo e ai rifugiati. Nell’80° delle Acli bresciane, quell’ulivo è diventato un’eredità e una promessa: l’eredità di chi ha costruito il nostro territorio con il sudore e con la fede nella fraternità universale; la promessa di una Valle che non rinuncia alla propria vocazione più vera, quella di essere casa aperta. Le testimonianze di sacerdoti, amministratori, operatori e rifugiati hanno restituito una prospettiva di senso: l’accoglienza non è riducibile a un’opera di bene per altri, ma è un’opera di verità per noi stessi. È il modo con cui una comunità non vuole smarrire la propria anima. Quando ascoltiamo le storie di chi è arrivato fin qui, scopriamo che non sono “di nessuno”: sono nostri, parte della nostra storia, della nostra responsabilità e del nostro futuro. “Breno città aperta” è qualcosa di più che un ottimo progetto sociale promosso da Parrocchia, Amministrazione, Cooperativa K-Pax e Casa Giona: è un’idea politica, culturale e spirituale. È il rifiuto delle logiche che alzano muri e delle parole che feriscono; è la scelta quotidiana di essere una comunità che non si lascia guidare dalla paura, ma dalla fiducia e dalla responsabilità. L’arte, la comunità cristiana, le Acli e le istituzioni locali si sono ritrovate insieme per ricordarci che la pace non è mai astratta: cresce come cresce un ulivo, lentamente e con cura, quando il terreno è preparato da mani generose e da cuori disponibili.
Inaugurare “Di nessuno” significa allora riconoscere che, proprio nel tempo in cui tutto sembra dividersi, la risposta è tornare a ciò che unisce: il nome comune di figli di Dio, la dignità di ogni persona, il coraggio di uno stare insieme che non esclude, la fraternità come paradigma politico. Un ulivo, una chiesa, un paese intero che si apre: piccoli segni, forse. Ma sono questi i semi da cui la pace comincia davvero a mettere radici.