Esperienza al confine

Anche quest’anno, i giovani, che si preparano a un’esperienza in missione nell’estate 2025, hanno vissuto una esperienza formativa di quattro giorni su un confine italiano. Luoghi dove il mondo che noi pensiamo lontano è estremamente vicino e dimenticato. Un confine corre invisibile tra il mare e le montagne: di qua Ventimiglia, di là Mentone. Italia e Francia. Ogni giorno c’è chi questo confine cerca di attraversarlo, per raggiungere amici e parenti, ma non ha le carte giuste in tasca. La guardia di frontiera francese è sempre pronta a respingere. Così ogni notte, a Ventimiglia, sono più di un centinaio a dormire accampati sotto i viadotti dell’autostrada. I ragazzi hanno avuto la possibilità di incontrare il “bene” che tante persone seminano, donando loro, con un semplice gesto, un po’ di cibo, un saluto, un vestito o anche solo il ricordo di una terra dove qualcuno ha a cuore il bene dell’altro. Prima di partire per l’Africa o l’America Latina, è importante che i giovani comprendano che la missione non è un luogo geografico, ma un modo di mettersi al servizio dell’umanità secondo lo stile del Vangelo. Abbiamo toccato il confine in tutte le sue forme: volti, storie, vecchie barriere arrugginite, scarpe rotte e segni di speranza. Di fronte al silenzio delle istituzioni, abbiamo incrociato chi si fa vicino con totale gratuità.
C’è chi come Egle ha incontrato una realtà di cui aveva sempre sentito parlare alla televisione o sui giornali ma che non l’aveva mai riguardata. “Ho ricevuto una ventata di consapevolezza; ho sentito vicina la storia di una donna che ho abbracciato: aveva perso il marito, torturato in Libia, e ha continuato il viaggio con i propri figli”. Davide ha visto “occhi pieni di sofferenza e tristezza ma anche di speranza per realizzare il sogno della loro vita”. Alice ha riscoperto “il valore di saper ascoltare le vite e le storie; molti dei migranti che abbiamo incontrato non hanno nessuno con cui parlare, faticano a farsi capire e finiscono per restare soli. Ma sono persone e non sono solo problemi burocratici da risolvere”. Carlo, invece, ha sperimentato “sulla mia pelle la fatica del loro cammino facendo un pezzo di strada percorso da loro, ho fatto l’esperienza di un incontro con persone che tante volte non immaginiamo nemmeno vivano con noi”. Sono solo alcuni pensieri raccolti a caldo, ma che raccontano come basta poco per ritrovare il cuore della fraternità attraverso la missione: saper incontrare e saper ascoltare.
