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di GIUSEPPE MARI 03 nov 2016 08:39

Guerra al matrimonio

Dovremo, prima o poi, chiederci com’è possibile che tanti giovani, che hanno ricevuto un’educazione cattolica, finiscano per convivere senza nemmeno coglierne il problema dal punto di vista cristiano

Durante il viaggio in Georgia, Papa Francesco, incontrando la piccola comunità cattolica, ha utilizzato un’espressione particolarmente energica per identificare i problemi che la famiglia affronta oggi. Infatti ha parlato di “guerra al matrimonio”. Queste le parole precise: “Non si distrugge con le armi, si distrugge con le idee: ci sono colonizzazioni ideologiche che lo distruggono”. In una scala crescente di importanza, gli elementi che fondano il matrimonio sono tre: il patto reciproco tra i coniugi, la sua configurazione pubblica, il suo costituirsi – nel Sacramento – come segno efficace della Grazia. In che senso è possibile riconoscere una “guerra” attorno a questi tre caratteri? Rispetto al primo, la crescente disaffezione al matrimonio è collegata all’imporsi dell’individualismo o, meglio, del narcisismo. Il “narcisista” non si limita a mettersi al centro individualmente, ma fa della sua soddisfazione la misura del bene: in sostanza è infantile, per questa ragione è fragile. Il Papa più volte ha sottolineato la diffusa autoreferenzialità odierna.

Ovviamente il narcisista fatica a vivere un’autentica vita di coppia che – come sanno tutti – richiede la capacità di decentrarsi. Ecco perché si va diffondendo la convivenza che, motivata dalla paura di compiere scelte definitive, mantiene il vincolo nella sola forma privata. Non sto sostenendo che questa sia l’unica ragione che spinge a convivere, ma che è una delle ragioni non secondarie. Del resto, la paura di sbagliare è riconoscibile in una generazione che ha capito chiaramente di vivere in una società competitiva. Anche questo atteggiamento è molto problematico perché, se non si ha la forza di rischiare quando si ama, quando mai si sarà capaci di farlo? Va, inoltre, considerato attentamente che, se non si coglie più l’esigenza di rendere pubblico il vincolo privato tra i partner, è a rischio la tenuta sociale che si fonda proprio sulla consapevolezza della coappartenenza pubblica alla comunità civile. Credo però che il cuore del problema stia nel terzo passaggio, relativo alla radicale crisi di fede che stiamo attraversando dalla quale il Sacramento del matrimonio è reso semplicemente insignificante. Dovremo, prima o poi, chiederci com’è possibile che tanti giovani, che hanno ricevuto un’educazione cattolica, finiscano per convivere senza nemmeno coglierne il problema dal punto di vista cristiano. Viene da pensare che qualcosa non stia funzionando nell’educazione cattolica corrente.

GIUSEPPE MARI 03 nov 2016 08:39