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04 feb 2016 00:00

Il nodo? Capire cosa è o non è diritto

Avere diritti piace a tutti e uno Stato di diritto avrebbe il dovere di garantirne l’esercizio almeno di qualcuno, ma i diritti senza riferimenti al bene comune hanno un prezzo. Lo vediamo in questi giorni nel dibattito sulle unioni civili. L'editoriale del n° 5 di "Voce" è di don Adriano Bianchi

Avere diritti piace a tutti e uno Stato di diritto avrebbe il dovere di garantirne l’esercizio almeno di qualcuno, ma i diritti senza riferimenti al bene comune hanno un prezzo. Lo vediamo in questi giorni nel dibattito sulle unioni civili. Una bagarre che dalle piazze, dai social, dai talk show televisivi (più pro che contro) è giunta ormai al Senato.

Le polemiche, le mosse e le contromosse, nodi compresi, giungono ora al pettine e al voto dell’aula. La pressione popolare e dei media continuerà, ma adesso tocca ai parlamentari l’onere e l’onore di trovare una sintesi, anzitutto nella loro coscienza. Circa la necessità della legge sulle unioni il consenso è unanime. Con buona pace dei cattolici e della Chiesa la percezione che debba esistere una qualche forma di istituto giuridico per le unioni tra persone eterosessuali e omosessuali è un dato di fatto e ha certamente una maggioranza in Parlamento. Ma le leggi non sono mai neutre soprattutto quando toccano i costumi e gli stili di vita delle persone. La sola decisione di fare una legge rettifica un fenomeno e questo diverrà rilevante sulle scelte della società futura. Il minimo garantito, realisticamente, sarebbe di evitare le confusioni col matrimonio come chiesto dal Papa e dai vescovi ripetutamente. Sarà ancora possibile? Si vedrà. Purtroppo, in 70 anni di repubblica, la famiglia è stata la cenerentola della politica e probabilmente continuerà ad esserlo. Intanto un’Italia che non fa figli muore.

Circa invece il nodo vero che fa discutere bel ddl Cirinnà il tema è quello dei bambini. Come non chiedersi se ha più rilevanza un presunto diritto di tutti gli adulti di essere genitori (solo perchè lo desiderano) rispetto al diritto di un bambino ad avere dei genitori? Nel primo caso il bambino diventa l’oggetto del soddisfacimento di un bisogno dei grandi, mentre nel secondo è il diritto del bambino che guida le scelte compresa quella di avere per genitori una mamma e un papà perchè è il meglio che gli possiamo offrire. Per riflettere basterebbe rileggere la bella poesia “I vostri figli” di Gibran, poeta libanese: “I vostri figli non sono figli vostri, sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita. Nascono per mezzo di voi, ma non da voi. Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono. Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee. Potete dare una casa al loro corpo, ma non alla loro anima, perché la loro anima abita la casa dell’avvenire che voi non potete visitare nemmeno nei vostri sogni. Potete sforzarvi di tenere il loro passo, ma non pretendere di renderli simili a voi, perché la vita non torna indietro, né può fermarsi a ieri. Voi siete l’arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti. L’Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell’infinito e vi tiene tesi con tutto il suo vigore affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane. Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell’Arciere, poiché egli ama in egual misura e le frecce che volano e l’arco che rimane saldo (K.Gibran, Il profeta 1923).

Parole forti, non cattoliche, ma con dentro l’energia fondamentale che ritma la vita umana. Sarebbe da rileggere anche in Senato. Potrebbe forse illuminare, oltre il pragmatismo degli equilibri dei partiti, la coscienza di chi dovrà approvare queste leggi. Ricorderebbe cosa è in gioco. D’altro canto anche il vescovo Monari ha detto: “Una politica che rincorre i desideri dei singoli (per sé illimitati e per natura conflittuali tra loro) nel fare le leggi e non il bene comune è destinata a frammentare ancora di più il vivere sociale”. Pensiamoci.
04 feb 2016 00:00