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di MICHELE FALABRETTI 26 apr 2016 00:00

Il Papa va incontro ai ragazzi

Una volta di più, Francesco è stato un grande protagonista di ciò che è accaduto. Non perché ha portato l'attenzione su di sé, ma esattamente per la ragione opposta: perché è andato ripetutamente incontro ai ragazzi. Sono tornati a casa cambiati, ne sono sicuro. Vorrei sperare che i loro educatori siano arrivati a casa con loro portando la convinzione che, se ne abbiamo voglia, questi ragazzi possiamo incontrarli ancora.

E che tutto questo fosse accompagnato da momenti di riflessione con le catechesi sulle opere di misericordia: sette tende in sette piazze perché Roma potesse raccontare non soltanto la sua storia e le sue bellezze artistiche, ma perché si trasformasse anche in un racconto dei gesti di carità. La festa (dimensione importantissima nella vita dei ragazzi) ha avuto due parti: la prima (il sabato sera) dedicata alle voci del mondo, quelle voci che i ragazzi ascoltano quotidianamente e che hanno così voglia di incontrare. La seconda (la domenica mattina) attraverso la messa presieduta da Papa Francesco.

Una volta di più, proprio il Papa è stato un grande protagonista di ciò che è accaduto. Non perché ha portato l’attenzione su di sé, ma esattamente per la ragione opposta: perché è andato ripetutamente incontro ai ragazzi.

Tutti ormai hanno negli occhi la scena del Papa che li confessa in Piazza San Pietro, ma anche il messaggio mandato allo Stadio Olimpico è stato straordinario. Per non parlare dell’omelia della Messa di domenica mattina.

Mi pare che questo Giubileo abbia consegnato delle belle provocazioni agli educatori.

Questa è la vera novità da raccogliere: un Papa che ascolta e consiglia, che invita alla festa senza demonizzare il mondo e la cultura contemporanea, che invita i ragazzi a non aver paura delle cadute e a “stare in piedi, a testa alta”.

Un brivido percorreva tutti mentre il Papa pronunciava queste parole al termine della Messa di domenica 24 e i ragazzi hanno applaudito convinti. Ma io, insieme a tutti gli altri educatori, mi sono sentito provocato. Perché non lo so se siamo davvero capaci di lasciarci provocare da questi ragazzi come ha fatto Papa Francesco. Non lo so se ce la facciamo a lasciare che i pensieri e le parole di questi ragazzi si trasformino nella capacità di cambiare il cuore, di avere fiducia nella vita e nelle persone, nella creatività di trovare pazienza e linguaggi per annunciare ancora e bene il Vangelo.

I ragazzi sono tornati a casa cambiati, ne sono sicuro. Vorrei sperare che i loro educatori siano arrivati a casa con loro portando la convinzione che, se ne abbiamo voglia, questi ragazzi possiamo incontrarli ancora.

MICHELE FALABRETTI 26 apr 2016 00:00