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di MAURILIO LOVATTI 27 ago 2015 00:00

L'economia del Papa

Non si può coltivare l’idea di una crescita illimitata, perché ciò suppone “la menzogna circa la disponibilità infinita dei beni del pianeta”

L’enciclica “Laudato sì” di papa Francesco ha avuto vasta eco sui mass media. Opportunamente i commentatori si sono concentrati sui temi ambientali. Qui invece affronto un tema poco trattato: lo stretto legame tra economia e salvaguardia del creato. Scrive Francesco: “Non ci sono due crisi separate, una ambientale e l’altra sociale”. La soluzione richiede “un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura” (n. 139). Qual è la visione economico-sociale di papa Francesco? Da un lato egli è fortemente critico verso ogni forma di liberismo in economia.

Già nella Evangelii Gaudium (n. 54) aveva esplicitamente criticato il “principio della ricaduta favorevole”, cioè la falsa tesi sostenuta da alcuni economisti, secondo cui ogni crescita economica favorita dal libero mercato riuscirebbe di per sé a produrre una maggiore equità e vantaggi per tutti, anche per i più poveri. Egli pensa che sia la politica a dover governare l’economia indirizzandola al bene comune e non viceversa. D’altro lato il Papa non è marxista, cioè non pensa che una società giusta debba presupporre l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione. In positivo quale linee propone il Pontefice per riformare l’economia?

Dalla Laudato si' possiamo ricavarne almeno quattro. 1) La liberazione dal “paradigma tecnocratico” (106-114). Un cambiamento di mentalità che superi la frammentazione del sapere dovuta all’iperspecializzazione delle tecniche e renda consapevoli che è necessario impedire che, come negli ultimi anni, la finanza soffochi l’economia reale. Non si può coltivare l’idea di una crescita illimitata, perché ciò suppone “la menzogna circa la disponibilità infinita dei beni del pianeta”.

2) Il rafforzamento dei poteri degli organismi internazionali per imporre regole comuni (164).

3) La consapevolezza del maggior dovere dei pubblici poteri di intervenire nell’economia per indirizzarla verso il bene comune (129).

4) Intervenire sull’educazione per favorire la “conversione ecologica” e comportamenti individuali improntati alla responsabilità ambientale anche nelle “piccole azioni quotidiane”, come differenziare i rifiuti, evitare sprechi di cibo, acqua ed energia, usare l’automobile solo per necessità. È meraviglioso, scrive il Papa, che l’educazione sia capace di motivare queste scelte “fino a dar forma ad uno stile di vita” (211-212).
In poche righe non si può dire molto di più, ma chi è interessato, provi a rileggere l’enciclica da questo punto di vista.
MAURILIO LOVATTI 27 ago 2015 00:00