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di PAOLO BUSTAFFA 30 apr 2015 00:00

L'incubo dei piccoli

Il suggerimento è di stare accanto al minore quando i telegiornali raccontano le nuove barbarie

I giornalisti “dichiarano di assumere i principi ribaditi nella Convenzione Onu del 1989 sui diritti del bambino e nelle Convenzioni europee che trattano della materia, prevedendo le cautele per garantire l’armonico sviluppo della personalità dei minori in relazione alla loro vita e al loro processo di maturazione (…)”. Questo, tra l’altro, si legge nella “Carta di Treviso” che precisa con minuziosità i doveri da rispettare quando i media si occupano di minori. Indubbiamente questi e altri riferimenti etici hanno contribuito e stanno contribuendo alla formazione di una professionalità giornalistica più consapevole della posta in gioco quando si occupa di minori.

Alcuni problemi restano però aperti, non per inosservanza della Carta di Treviso ma per le regole dell’informazione mediatica. “Mio figlio che ha sette anni – racconta una mamma a un incontro di genitori – ha avuto più di un incubo dopo aver visto in televisione le atrocità compiute dall’Isis nei confronti di persone inermi”. Un’altra mamma racconta la stessa reazione del figlio di fronte alle immagini del Mediterraneo e del terremoto in Nepal. Un’altra ancora la ripropone per la notizia di un padre che uccide figli e moglie. E così molte altre inquietudini dei genitori si aggiungono. Cosa si può fare, cosa possono fare i media per rispettare la sensibilità e il diritto alla speranza dei bambini senza venir meno al dovere dell’informazione? Il suggerimento, naturale e giusto, è di stare accanto al minore quando i telegiornali raccontano le nuove barbarie il cui lacerante esito finale, pur non essendo descritto, si presenta da se stesso davanti agli occhi e da se stesso entra nella mente di chi osserva, ascolta o legge. Ma lo stare accanto, pur indispensabile, non basta perché il pensiero di un bambino non si accontenta di una spiegazione, di un ragionamento, dell’invito ad andare a dormire. Come raccontare, dunque, la disumanità senza incastonare di incubi il sonno dei bambini? Una risposta, salvo quella di non lasciare i piccoli soli davanti al video, non sembra possibile.

Ma un segnale viene dai piccoli stessi, viene da quel bimbo che, in un film apparso in questi giorni, alla domanda sull’uso che farebbe del potere risponde che lo eserciterebbe per dare un pane e un bicchiere d’acqua ai molti bambini che nel mondo soffrono la fame. Forse allora qualcosa, nello spirito della Carta di Treviso, si può fare senza venir meno alle regole del mestiere e questo qualcosa è porre, con grande professionalità, la notizia del bene accanto a quella del male.
PAOLO BUSTAFFA 30 apr 2015 00:00