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09 lug 2015 00:00

La botte piena e la moglie...

Cosa sta accadendo in Grecia? Quali ripercussioni avrà il referendum di domenica scorsa sulla tenuta dell'euro? Di certo c'è solo che il mondo sta cambiando e l'Europa deve cambiare con lui... L'editoriale del n° 27 di Voce è di don Adriano Bianchi

Davanti alla soap opera che si sta consumando tra Atene e Bruxelles, e che ci riserverà sicuramente molte altre puntate, se fossimo generosi e incoscienti potremmo dire ai greci: “Ok. Abbiamo capito il messaggio. Vista la situazione in cui versa il Paese; visto che ci interessa che stiate in Europa e che l’uscita dalla moneta unica sarebbe troppo rischiosa per tutti; visto che non vogliamo che cadiate nell’area d’influenza di Mosca e che in fondo l’Europa, anche dal punto di vista ideale, senza di voi sarebbe molto meno Europa: facciamo un sacrificio. Condoniamo tutti i debiti (che comunque pagherebbero i contribuenti europei), vi facciamo un prestito di qualche miliardo di euro per ripartire e stiamo tutti sereni”.

Sarebbe costoso, ma decisamente semplicistico. Ciò che lascia, infatti, ancora una volta senza parole e che trasforma la telenovela in una tragedia è la percezione che non ci sia la volontà da parte dei politici greci di procedere con decisione sul percorso di riforma che innesti nel sistema politico ed economico nuove modalità che certo contemperino da un lato la crescita, ma dall’altro anche la sostenibilità della spesa pubblica. Tsipras gioca a sparigliare le carte, resta vago e forse questo non giova a lui nemmeno mediaticamente. Il valore simbolico del no al referendum di domenica scorsa con una bocciatura “dell’Europa dei burocrati” (forse necessaria come segnale storico) non fa nascere automaticamente un’azione politica diversa e risolutiva. Se non ci saranno immediatamente proposte concrete, se le riforme per uscire dal tunnel non si faranno, non ci saranno vincitori né ad Atene, né a Berlino e né a Roma. I greci devono riformare le pensioni (ci andavano a 52 anni col 95% di stipendio), la pubblica amministrazione (la proporzione dei dipendenti pubblici rispetto alla popolazione è uno sproposito), il sistema fiscale (armatori greci non pagano tasse per costituzione) e chissà ancora cosa.

O Tsipras capisce che la riforma dello Stato è un atto dovuto o qualsiasi gesto di solidarietà e generosità europea sarà inutile. Non è un ultimatum, ma una necessità di sopravvivenza che tocca l’intera Europa, e come sappiamo, Italia compresa. Che riformare sia difficile lo sanno tutti. Quando si vuole cambiare nascono mille domande, si fanno avanti mille categorie e lobby d’interesse, mille privilegi, mille distinzioni. Chi ha il coraggio della riforma, non prende voti alle prossime elezioni, li perde. Li guadagna chi guarda al risultato immediato, chi soffia sulle paure, chi mira ad accontentare tutti... e forse nessuno. Chi cerca di avere la botte piena e al tempo stesso la moglie ubriaca. Il mondo cambia e l’Europa deve cambiare con lui, e non è solo una questione di economia , ma di qualità umana. Il problema è semmai in che direzione cambiare. Ma anche su questo chi oggi è responsabile dei popoli europei sarà giudicato dalla storia.
09 lug 2015 00:00