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02 apr 2015 00:00

La discussione è solo rimandata

Dopo che il Consiglio comunale ha rimandato alla Giunta Del Bono la petizione sul registro delle coppie il dibattito continua. E in attesa che il legislatore si pronunci... la Brescia cattolica e civile che farà? La scelta è duplice. Star zitti e attendere che chi sta sopra decida oppure scegliere di entrare in medias res anche se questo implicherà qualche discussione in più

Non c’è dubbio, la via amministrativa votata a maggioranza dal Consiglio comunale in merito alla petizione “sul registro delle coppie di fatto e connessi” presentata da Nuove famiglie - uguali diritti, resta la più consona al momento attuale, la più attinente alle competenze di un ente locale, oltre che la più rispondente al merito di una deliberazione oggi possibile sui temi in oggetto.

La scelta, ben esplicitata al temine della lunga discussione (a dire il vero intrapresa solo da alcune opposizioni) nell’intervento del sindaco Del Bono, ottiene il risultato politico di accontentare un po’ tutti e nessuno fino in fondo, ma certamente ha salvaguardato la maggioranza da spaccature pericolose (soprattutto tra i cattolici del Pd) e ha rimandato la vera discussione politica al momento in cui dal legislatore nazionale arriveranno indicazioni più precise. Stante così la legge ogni atto ulteriore sarebbe apparso ai più una forzatura.

L’opposizione presente in Consiglio, ad esclusione del M5S, ha fatto di tutto per stanare la maggioranza e trascinarla nella discussione politica sul merito dei temi etici che prima o poi inevitabilmente torneranno ad infiammare il dibattito, non solo cittadino, ma anche quello del Consiglio comunale. La tentazione è respinta al mittente da Capra e i suoi prima con un silenzio evidente e poi con la decisione plenaria di rimandare la petizione alla Giunta. Certo la sottolineatura del presidente Ungari circa la decisione di rimandare non a una giunta qualsiasi, ma a quella guidata da Del Bono (che per storia personale e politica fa riferimento al mondo cattolico) suona quasi come un atto di fede e un richiamo a una precisa responsabilità identitaria. D’altro canto sappiamo che anche in giunta il dibattito è aperto. Il vicesindaco Laura Castelletti, ad esempio, non ha mai nascosto idee e valutazioni opposte ai cattolici sui temi in discussione.

Cosa accadrà ora nell’esecutivo cittadino? Staremo a vedere. Di certo la pressione del dibattito in città resterà forte. I bresciani in questi mesi non sono rimasti indifferenti su entrambi i fronti. Prese di posizione pubbliche, incontri, manifestazioni di piazza, di tutto e di più. Anche il vescovo Monari ha ripreso il tema nell’intervento in occasione del Te Deum di fine anno e ha ricordato la responsabilità e l’onere di decidere di politiche che indeboliscono la centralità della famiglia tradizionale, la sua utilità alla crescita del bene sociale e alla coesione del sistema Paese oggi e in futuro. Parole forti. Non da meno il dibattito investe in pieno anche l’attualità ecclesiale impegnata nella preparazione al prossimo Sinodo ordinario sulla famiglia ad ottobre.

Insomma, la Brescia cattolica e civile che farà? La scelta è duplice in ogni caso. Star zitti e attendere che il Sinodo e il Papa si pronuncino per la Chiesa, star zitti e attendere che il Governo e il Parlamento legiferino per lo Stato e poi, in entrambi i casi, applicare quanto autorevolmente è stato deciso. Oppure scegliere di entrare, fin da ora, in medias res anche se questo implica qualche discussione e forse pure il metterci la faccia in prima persona. Scelta complicata. E anche ammessa la dovuta distinzione tra il dibattito ecclesiale e quello politico, quale sarà il meglio per noi? Diamoci una pensata.

02 apr 2015 00:00