La ricerca della giustizia sociale
Franco Castrezzati, la “voce” di Piazza della Loggia, se n’è andato con il buio di lunedì 13 settembre, all’età di 99 anni. La bomba neofascista che il 28 maggio del 1974 insanguinò il cuore della città, venne fatta scoppiare nel mezzo del suo comizio, in quella mattina piovosa che aveva visto la piazza riempirsi di lavoratori, studenti e cittadini per lo sciopero generale di protesta contro lo stillicidio di attentati che avevano creato a Brescia un clima di enorme tensione. Pochi giorni prima era toccato proprio a lui dare l’allarme per dei candelotti di esplosivo, con una miccia appiccata ma fortunatamente soffocata dalle casse tra cui era stata nascosta, davanti al condominio in cui aveva sede la Cisl. Sì, quella voce vibrante di parole indignate che almeno una volta tutti abbiamo ascoltato era la sua, allora alla guida della Fim, per numeri e per idee tra le categorie più rilevanti del panorama sindacale della seconda metà del Novecento bresciano. Lo scorso anno, a 50 anni dalla strage, Micol Castrezzati, la giovane nipote di Franco, ha ricomposto il manoscritto del nonno chiamando poi figli, nipoti e pronipoti del leader sindacale a rileggere integralmente il testo del discorso che la bomba impedì di ascoltare. Un testo che si conclude con queste parole: “Se vogliamo assestare un colpo salutare ai rigurgiti fascisti, diamo un volto più preciso a questa nostra democrazia. Diamole il volto della libertà, ma di una libertà sostanziale e non solo formale. […] Diamole il volto della partecipazione, di un governo cioè nel quale il popolo si vede, si specchia e si sente rappresentato. Diamole il volto della giustizia attraverso la quale l’eguaglianza fra tutti i cittadini sia esaltata in coerenza con i valori di dignità della persona umana”. Una sintesi straordinariamente efficace dei valori che, fin da giovanissimo, Castrezzati aveva scelto di vivere e di testimoniare.
Era nato a Concesio il 21 aprile del 1926, aveva studiato in seminario fino alla quinta ginnasio e lavorato poi come correttore di bozze alla casa editrice Morcelliana. Nel gennaio del 1944 la Repubblica Sociale pretese l’arruolamento dei nati nel primo semestre del 1926: non avendo alcuna intenzione di sottostare al fascismo, Castrezzati si nascose, fuggì, venne arrestato, picchiato e maltrattato: scampò alla fucilazione solo perché minorenne. Riuscì a scappare una seconda volta unendosi ai partigiani delle Fiamme Verdi in Valle Camonica. Dopo la Liberazione fu Angelo Gitti, segretario della Libera Confederazione Generale Italiana dei Lavoratori, a proporgli di lavorare nel sindacato. Quando le profonde divergenze con le componenti comunista e socialista costrinsero il sindacalismo di matrice cattolica a darsi una propria organizzazione, Castrezzati visse l’esperienza fondativa della Cisl, impegnato prima con i lavoratori dell’agricoltura e poi, per 20 anni, con quelli dell’industria metalmeccanica. Pur restando sempre a Brescia, ebbe incarichi nazionali, ma declinò quelli regionali. Dal1978 al 1981 fu segretario provinciale della Cisl. Castrezzati è stato tra coloro che hanno contribuito a conquistare per i lavoratori e il sindacato tutto ciò che oggi sembra assolutamente normale: tutele e diritti, contrattazione decentrata, autonomia dalla politica, ruolo centrale della formazione per i lavoratori e per chi è chiamato a rappresentarli. Con lui scompare un grande sindacalista, coraggioso, appassionato, intransigente nella difesa della dignità e del primato della persona: una vita dedicata alla ricerca della giustizia sociale. La sua più impegnativa eredità.
*Segretario Cisl Bresciana