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Brescia
29 ago 2015 00:00

Lecito chiedere, cortese...

Ha fatto discutere lo scambio di missive tra padre Mario Toffari, direttore dell’ufficio per i migranti, e Fabio Rolfi. L'editoriale del numero 31 di "Voce"

Prendere carta e penna per scrivere una lettera è segno di attenzione. Qualunque sia il contenuto della missiva il solo fatto di scrivere a qualcuno dice che l’altro non ci è indifferente. Magari ci urta, ci provoca, ci stimola, ci ferisce; magari ne abbiamo stima, godiamo del suo amore, della sua amicizia e del suo rispetto. Certo ci aspettiamo qualcosa da lui. Facciamo una richiesta, ameremmo avere una risposta, cogliere un cambiamento, giungere a una risoluzione.

Lo scambio di missive che nei giorni dopo ferragosto ha fatto discutere a Brescia è quello tra padre Mario Toffari, direttore dell’ufficio per i migranti, e Fabio Rolfi, consigliere regionale della Lega Nord. Il tema dei profughi e delle politiche migranti è da tempo al centro di un dibattito che ha reso ancora più calda questa estate bresciana e italiana. In discussione i numeri impressionanti dei migranti giunti in Italia; la sensazione di mancanza di strategia della politica a gestire un fenomeno che impensierisce; e poi il pressapochismo del chiacchiericcio in atto che non aiuta, ma depotenzia gli sforzi di chi sta già adoperando. Urge incentivare un confronto ampio, inclusivo e nel merito. Urge soprattutto un clima diverso. Urge non tanto una ricetta, forse, ma un po’ più di buon senso e concretezza.

Padre Mario ha le spalle larghe e parte interpellando la Lega. È il partito più ostile, più ideologizzato, più alla ricerca, oggi, di un facile consenso. Sa che Rolfi ha le sue idee, ma anche una storia amministrativa misurata sui fatti e sul contatto diretto con la gente e i suoi problemi. Allora scrive. Dallo scambio epistolare emergono le cause e i nodi di quanto sta accadendo a livello internazionale, ma pure le implicazioni sulla vita quotidiana dei cittadini bresciani. Le modalità di accoglienza, in particolare, ormai interpellano da vicino le istituzioni, i comuni, le parrocchie, le associazioni e i singoli cittadini della nostra terra. Cosa cogliere da un dibattito già di per sé complesso e accompagnato da code polemiche, anche a livello locale, sia politico che ecclesiale? Principalmente proprio l’invito a un confronto che metta da parte i toni della propaganda, le offese personali e i personalismi per recuperare il merito del tema. L’idea che qualche esponente leghista in cerca di voti a tutti i costi si sia trovato in imbarazzo davanti a questo dialogo tra Toffari e Rolfi è già di per sè interessante, ma ancor più ha senso se sostiene e contribuisce a una giusta ed equa soluzione che permetta di parlare con tutti.

In secondo luogo l’invito al confronto pacato, schietto e concreto di Toffari valorizza quanto si è fatto e si sta facendo in questi mesi. Il grande impegno della prefettura, delle amministrazioni locali (in primis di quella cittadina guidata da Del Bono), della Caritas, delle associazioni, degli enti che si sono prodigati per una gestione dignitosa dei profughi e rispettosa dei contesti territoriali è da incentivare.

Infine l’invito al confronto mira a sviluppare con creatività e competenza (per il livello di responsabilità che attiene a ciascun soggetto) iniziative nuove, soprattutto durature e non improvvisate. Chiedere con schiettezza, concretezza, stima reciproca, attenzione agli ultimi coniugata alla legalità è lecito. Rispondere... solo cortesia?

Lo stile con cui Brescia (e forse questo è un modello) ha affrontato e può continuare ad affrontare tante emergenze come quella attuale c’è, non è da inventare. È lo stile di una comunità non escludente che chiama sempre tutti a contribuire al bene comune. Ci conviene farlo anche per i profughi? Credo di sì. Un clima ostile al confronto non allontanerà il problema. Un clima più collaborativo lo renderà forse più sostenibile.
29 ago 2015 00:00