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Brescia
di MOIRA OTTELLI 23 nov 2023 10:32

Lo sapevamo tutte

Lo sapevamo tutte e tutti è l’imperativo che si affaccia mentre ci avviciniamo al 25 novembre – Giornata internazionale per l’eliminazione della Violenza contro le donne – dopo l’ennesimo femminicidio, cioè l’uccisione di una donna in quanto donna, una giovane ragazza. Cosa sapevamo? Che Giulia era morta? Che la libertà di una donna si paga a caro prezzo fino a perdere la vita? Che viviamo in un mondo ancora fortemente radicato su disuguaglianze di genere? Superata l’ondata emotiva, l’indignazione per quanto successo, la vicinanza a chi ha perso una figlia, una sorella, un’amica, rimangono molti interrogativi. I dati statistici fotografano un fenomeno, quello della violenza maschile sulle donne, definito emergenziale, ma che ha i connotati di un fenomeno strutturale. A dircelo non sono solo i 103 femminicidi in Italia da gennaio ad oggi, lo dice il lavoro quotidiano di chi come Butterfly Centro Antiviolenza e Case Rifugio sostiene, accoglie, offre protezione a donne vittime di violenza, dove presenti, anche ai loro figli e alle loro figlie. Gli accessi al Centro Antiviolenza Butterfly da gennaio ad oggi sono stati circa 150; significa che, circa 150 donne, hanno preso coscienza di subire violenza e hanno chiesto aiuto. Sono 107 le donne, sempre da gennaio ad oggi, che hanno chiesto un intervento di emergenza da parte del servizio H24, presso i Pronto Soccorso e/o le Forze dell’Ordine della Rete Antiviolenza di Brescia, circa 40 hanno chiesto protezione, collocamento in Casa Rifugio, insieme ai loro figli/e. In antitesi ai numeri dei femminicidi, che rappresentano un tragico epilogo, questi possono considerarsi “i numeri della speranza”: sono donne che hanno raggiunto la consapevolezza e vogliono uscire dalla spirale della violenza prima di esserne inghiottite. Giulia non è riuscita a chiedere aiuto, non si è resa conto di quanto lui fosse troppo presente, troppo controllante, troppo ossessivo o forse, aveva iniziato a capirlo, ma pensava di “salvarlo”, accompagnandolo al distacco, ma lui non le ha permesso di farlo.

Lui non voleva essere lasciato, voleva esserci e controllare tutta la sua vita: il suo gesto efferato non può essere definito una “perdita di controllo sulle sue emozioni”, ma una perdita di controllo sulla persona, su Giulia, che forse quel sabato sera aveva finalmente detto basta. Questo è il copione di tante storie, di troppe storie che vengono narrate e che abitano le nostre case, quelle dei nostri vicini, nella prossimità del nostro sguardo e delle nostre relazioni, dobbiamo allenarci ad un ascolto attento e dinamico che ci rende responsabili dell’altro. La violenza sulle donne ha una matrice culturale che attraversa la storia e le generazioni che si insinua prepotentemente nelle vite di uomini e donne, piccoli e piccole, giovani e adulti. Riguarda tutti e tutte. Abbiamo bisogno di parole nuove, di interrompere narrazioni che rilanciano colpevoli individuali, Giulia è tutte le donne che sono vittime, ma è anche tutte le donne che avranno la forza di alzare lo sguardo e chiedere aiuto, che avranno il coraggio di interrompere questo circolo della violenza che le rapisce come in un vortice generando buio, disperazione, solitudine, per avere di nuovo luce; diventa anche il simbolo di tutti gli uomini che si impegneranno e si assumeranno una responsabilità di genere, nelle parole e anche nelle azioni, entrambi nel quotidiano delle loro vite. Un impegno di tutti deve diventare l’educazione al rispetto di genere, delle diversità, della libertà come opposto di possesso, della parità, nelle scuole, negli uffici, nelle aziende, nei bar e nelle case.

(Moira Ottelli e Roberta Leviani, Responsabili Butterfly Centro Antiviolenza e Case Rifugio)


(Foto ANSA/SIR)

MOIRA OTTELLI 23 nov 2023 10:32