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di LUCIANO ZANARDINI 14 lug 2015 00:00

Noi, intolleranti

Siamo astiosi e siamo arrabbiati con il mondo. Abbiamo bisogno di un buon medico. Dell’anima o della coscienza a seconda dei riferimenti che abbiamo

Siamo sempre un po’ più barbari. E lo vediamo sui social network dove l’acredine trova molto spazio nei nostri post. Ce l’abbiamo con il mondo, anche perché ormai siamo diventati esperti di tutto. Poco importa se non riusciamo a distinguere le tante bufale che corrono sulla rete… No, a noi interessa poter gridare qualcosa, essere protagonisti a tutti i costi. Ma a quali condizioni? I social (Facebook e Twitter) ci permettono di avere una vetrina tutta nostra, ignari delle possibili conseguenze. E così, per fare un esempio semplice, succede che il dipendente si lanci in giudizi pesanti sul datore di lavoro, sul vicino di casa o sul politico di turno… A volte sappiamo dare (e con grande convinzione) il peggio di noi stessi. Forse troviamo anche gusto nel farlo.

È impressionante l’astio che ci circonda e che nasconde un forte malessere interiore, altrimenti non si spiega perché certe persone arrivino a scrivere determinati commenti o a fare determinate considerazioni. Forse prima di metterci davanti alla tastiera, abbiamo bisogno di un po’ di analisi interiore, basterebbe un po’ di silenzio per comprendere se quello che stiamo per fare ha una qualche utilità o se serve solo ad esacerbare ulteriormente gli animi. Per non parlare delle persone (sarebbero perfette per gli appunti di Robert Louis Stevenson) che mettono il “mi piace” un giorno al “Salvini pensiero” e un giorno al “Francesco pensiero” che ci invita a considerare l’uomo in tutti i suoi aspetti…*, un giorno ai “Tre setacci di Socrate” e un giorno (se non a distanza di qualche minuto) al “tiro al bersaglio” nei confronti di chi non ci aggrada…

È altrettanto curioso constatare che se negli anni ci siamo lamentati delle scalette dei telegiornali “(ripropongono sempre notizie negative”), oggi noi che abbiamo la possibilità di mettere a punto il nostro telegiornale personale in una grande piazza mondiale, non ci distinguiamo certo per la fantasia. Ma vivaddio è così difficile postare notizie positive che sappiano infondere un po’ di speranza? È così difficile prendere in esame un problema e rileggerlo in maniera distaccata lontano da ogni facile populismo? Ci vuole tempo e pazienza, due condizioni in contraddizione con la comunicazione veloce. Ci fa schifo permettere a qualcuno di trovare una qualche motivazione diversa nella sua giornata apparentemente abitudinaria? È impossibile condividere un sentimento con una canzone?

Purtroppo quando si fanno questi esempi i professionisti del livore indossano subito l’elmetto e la corazza… e incominciano ad elencare tutte le cose che non funzionano o che, secondo loro, dovrebbero funzionare in ben altro modo. E così il poveretto che condivide una lettura differente della realtà viene quasi messo alla berlina, perché “con il buonismo non si va da nessuna parte”. Salvo restando che a me piacerebbe capire dove si va a finire con l’homo homini lupus tanto caro a qualcuno, preferisco essere tacciato di buonismo piuttosto che essere accusato di alimentare un clima di intolleranza e odio. Mi fa sorridere leggere i post di alcuni “nuovi crociati” pronti allo scontro di civiltà, ma che non rinuncerebbero a un centimetro dei loro privilegi occidentali…

È facile, in questo periodo storico, pensare anche alla questione dell’immigrazione riprodotta sempre e comunque come un problema di sicurezza personale e sociale. È abbastanza evidente constatare che davanti a un furto o a un incidente utilizziamo parametri ben diversi a seconda di chi abbiamo di fronte… Per far sobbalzare (sempre che siano arrivati in fondo all’articolo e non abbiano ancora inveito contro lo schermo) gli oppositori del buonismo (per carità non mi piace, così come non mi piacciono tutti gli –ismi), concludo dicendo che solo se impariamo ad accogliere l’altro, impariamo ad accogliere noi stessi. Ah, dimenticavo, lo dice quel “buonista” di Papa Francesco in ogni suo gesto…


* «Trascurare l’impegno di coltivare e mantenere una relazione corretta con il prossimo, verso il quale ho il dovere della cura e della custodia, distrugge la mia relazione interiore con me stesso, con gli altri, con Dio e con la terra». Dall’enciclica Laudato si’
LUCIANO ZANARDINI 14 lug 2015 00:00