Obiettivi sostenibili
La conferenza sul clima fa tappa quest’anno a Belém, capitale dello stato brasiliano del Parà, la porta della foresta Amazzonica, che con il suo potenziale di naturalità e bioAione delle Parti sta entrando nel vivo in questi ultimi giorni, anche se ci si attende la proroga di almeno un’altra giornata. Il Presidente della Cop ha dichiarato che nell’agenda non sono previsti nuovi target rispetto a quelli fissati dalla conferenza di Parigi 2015. Domenica sapremo quali decisioni sono state prese per realizzare quegli obiettivi, puntando su due aspetti principali: gli strumenti concreti per la transizione energetica e le risorse per i paesi del Global South, per consentire un modello di sviluppo che non ripeta gli errori dei paesi del Global North. In particolare degna di nota la cosiddetta Carta di Belém, guidata dal Brasile e in particolare dalle associazioni dei produttori di biocarburanti.
Condivisa fin dall’inizio da 23 Paesi, tra cui Italia, Giappone e India, sostiene un obiettivo ambizioso: quadruplicare la produzione e l’uso globale dei combustibili sostenibili entro il 2035: biocarburanti, biogas e biometano, idrogeno e suoi derivati, combustibili sintetici ed e-fuels. Questo tipo di alternative dovrebbe in particolare interessare i settori dove è più difficile abbattere l’uso dei combustibili fossili, ovvero i trasporti marittimo e aereo e alcune produzioni industriali, come l’acciaio e il cemento. La Carta non è priva di controversie e solleva importanti dibattiti sul tema delle coltivazioni agricole. La produzione aggressiva di biocarburanti, in particolare quelli basati su colture dedicate, può far crescere il costo dei cereali in un’economia fragile come quella brasiliana, ma più in generale per le popolazioni più povere. Ecco dunque il punto critico di sempre. L’aiuto ai Paesi meno economicamente sviluppati per una transizione ecologica che consenta uno sviluppo umano ed economico, ma che non ripeta gli errori dei paesi ricchi. Dai 100 miliari di dollari promessi da quindici anni, ai 300 di Dubai si arriva a promettere la mobilitazione di 1.300 miliardi di dollari all’anno fino al 2035 per finanziare la transizione e l’adattamento. Ma queste risorse sono in gran parte sulla carta e includono gli investimenti privati (garanzie e prestiti agevolati), che difficilmente si orientano alle politiche di adattamento ai cambiamenti climatici.