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13 lug 2015 00:00

Quei bimbi soldato non vi indignano

Bambini assoldati, arruolati a forza, dal Califfato e addestrati a uccidere, a compiere attentati kamikaze contro obiettivi militari e civili

Le ultime scioccanti immagini risalgono a poco più di una settimana fa: tra le rovine del teatro del sito archeologico di Palmira, venticinque soldati siriani vengono uccisi a colpi d’arma da fuoco da altrettanti bambini e adolescenti assoldati dallo Stato Islamico (Isis). Bambini assoldati, arruolati a forza, dal Califfato e addestrati a uccidere, a compiere attentati kamikaze contro obiettivi militari e civili. È forse la novità più drammatica della guerra che sta devastando la Siria: l’uso dei minori in battaglia. Nessuna delle parti in lotta sembrerebbe essere esente da questa infame pratica. Il rendere i bambini protagonisti di video di violenze immani racconta il grado di “spettacolarizzazione” raggiunto dalla guerra in Siria, in Iraq e non solo.

Sono numerosi i Paesi in cui questa pratica viene condotta, tra questi, anche in Sud Sudan, Sierra Leone, nella Repubblica Centrafricana, in Somalia, Afghanistan, stando alle denunce di organizzazioni internazionali come Human Rights Watch (Hrw). Si stima che 250mila bambini siano coinvolti in conflitti in tutto il mondo. Sono usati come combattenti, messaggeri, spie, facchini, cuochi, e le ragazze, in particolare, sono costrette a prestare servizi sessuali, privandole dei loro diritti e dell’infanzia. In Siria e in Iraq la propaganda passa attraverso minori che uccidono, o nella migliore delle ipotesi, vestiti da jihadisti che agitano le bandiere nere dello Stato Islamico o inneggiano allo sgozzamento dell’infedele. Minori desensibilizzati per rendere accettabile il crimine, mostrati quali protagonisti di azioni efferate con l’intento di colpire l’attenzione dei media internazionali e dell’opinione pubblica occidentale.

Ma come rispondono i media internazionali ma, soprattutto, dov’è oggi l’indignazione dell’opinione pubblica? In un recente passato la piaga dei bambini soldato nei conflitti africani era stata affrontata con passione e azione, anche a livello ecclesiale. Tanti i progetti e gli interventi di prevenzione e recupero, di informazione e di monitoraggio della situazione per mostrare la gravità delle violazioni commesse e per costringere chi colpisce, abusa o sfrutta i bambini a renderne conto. La stessa passione e aggiungiamo, la stessa indignazione, sembrano ora, non esserci davanti alle immagini - crudeli allo stesso modo - dei bambini usati nei conflitti di Siria e Iraq. Davanti alle loro testimonianze, che non conoscono nazionalità, etnia e fede religiosa, passione e indignazione non possono essere di facciata.
13 lug 2015 00:00