Questione di linguaggio
Siamo nella Settimana europea della mobilità. Il tema è “una mobilità per tutti”, ovvero che non lascia indietro nessuno. Si pone al centro non tanto o non solo un approccio tecnico-pianificatorio, che sottolinea l’importanza di cambiare le infrastrutture e la gestione della mobilità, ma soprattutto il tema della libertà e dell’equità. La mobilità è un diritto, tutelato dalla Costituzione. Per contro, conosciamo anche gli effetti negativi della mobilità privata motorizzata; per cui al diritto si associa il dovere di tendere verso soluzioni sempre meno impattanti.
I trasporti sono una delle principali cause di emissioni in atmosfera, causano migliaia di vittime e centinaia di migliaia di feriti ogni anno, rumore e congestione. Eppure, la mobilità è un diritto fondamentale, che connota il nostro essere sociale, che rende possibile la nostra crescita e maturazione. La campagna di sensibilizzazione “mobilità per tutti” mette al centro le esigenze dei più deboli, di chi ha necessità di ausili per muoversi, di chi non può permettersi i mezzi di trasporto più costosi, di chi è fragile e debole a causa del mezzo che usa. Per ottenere risultati in questo campo, suggerisco una strategia di tipo linguistico, ispirata dallo slogan scelto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: “Cambia e vai!”. Tra le tante cose che dobbiamo cambiare vi è anche il linguaggio, ancora centrato sulla predominanza dell’automobile. Due esempi. I pedoni, i ciclisti, coloro che si muovono con ausili e spesso anche gli utenti delle due ruote motorizzate, sono definiti “utenti deboli della strada”. La definizione denuncia una condizione di vulnerabilità che sottende la presenza di un “più forte”. Non esiste, infatti, vulnerabilità se non vi è pericolo.
Dunque, dovremmo invece chiamare gli utenti delle automobili e dei mezzi pesanti (mi riferisco in particolare all’ambito urbano) “utenti pericolosi della strada”. Parimenti, molte città italiane hanno implementato le “zone a traffico limitato”. Ciò implica che i mezzi motorizzati possono circolare ovunque, tranne in alcune zone. E se ribaltassimo il concetto, identificando le “zone a traffico consentito?”. Non si può circolare in auto, salvo alcune zone. Il linguaggio denuncia i valori e le priorità. Le auto sono le ultime arrivate nell’ambito urbano e, quando iniziarono a circolarvi, erano talmente temute che dovevano tenere la velocità dei pedoni. Una piccola rivoluzione linguistica aiuterebbe il cambiamento comportamentale a favore della mobilità attiva, del trasporto pubblico e di altre soluzioni di trasporto pulite e intelligenti.