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di GUIDO COSTA 12 mag 2016 00:00

Ripartire dai Comuni

Le liste civiche hanno avuto il grande merito di riempire il vuoto di politica determinato dalla perdita di credibilità dei partiti

Ricrescere, ripartire, cambiare, partecipare, rinnovare. Ma anche alternanza, alleanza, progetto, nuovo inizio. C’è poi chi parla di rinascita, di svolta, di orizzonte. Non mancano slanci descrittivi o slogan che parlano direttamente a chi legge. I nomi delle 67 liste depositate in vista del voto amministrativo del 5 giugno, che nella nostra provincia riguarderà 27 Comuni e circa 100mila elettori, costituiscono un campionario interessante di come si riaggrega formalmente sul territorio una passione politica che, perché questo lascia intendere, non ha alcuna nostalgia delle tradizionali organizzazioni di partito.

In uno solo dei 27 Comuni in cui gli elettori saranno chiamati a scegliere sindaco e consiglieri c’è una lista che si rifà esplicitamente ad uno schieramento politico nazionale, ma è l’eccezione che conferma la regola perché viene presentata a sostegno di quella del sindaco uscente che sarebbe stata la sola in lizza e con il problema, per avere una votazione valida, di portare alle urne il 50% più uno degli elettori. In tanta varietà di denominazioni ci sono però due termini ricorrenti anche se variamente declinati: insieme e unione. Qualcosa di più di un proposito: un appello quasi, una sollecitazione.

Le liste civiche hanno avuto il grande merito di riempire il vuoto di politica determinato dalla perdita di credibilità dei partiti e dalla pesantissima crisi di partecipazione che ne è derivata. Quando i partiti hanno ripreso fiato sono diventati, se così si può dire, sponsor di questo fenomeno, tenendo per sé una regia defilata e concedendo briglia lunga agli entusiasmi dell’autonomia e ai distinguo, anche i più velenosi. Ma hanno fatto male i conti perché la politica a scaffale delle civiche li scavalca, mettendo insieme frammenti di comunità e di interesse diversi che l’orizzonte della municipalità solleva dai rigori della coerenza ideale e valoriale.

Ma a furia di sbandierare la carta della non appartenenza, a forza di ridurre il proprio campo d’azione confinando il bene comune in spazi sempre più marcati e sempre più piccoli, un’esperienza nata come salvagente della partecipazione rischia di spegnersi per mancanza di partecipazione vera. Ecco perché quel “insieme” usato con tanta abbondanza nelle denominazioni di lista non va letto come avverbio ma come sostantivo. Le liste civiche hanno anche saputo essere scuola di buona politica. Facciamo il tifo perché tornino ad esserlo. A cominciare dai Comuni.
GUIDO COSTA 12 mag 2016 00:00