Stile, entusiasmo e scelte di una nuova pastorale
Come valorizzare le relazioni umane e spirituali, come essere Chiesa in uscita se siamo troppo presi dal tenere in piedi quello che sta dentro?
Ci ha provato il Consiglio presbiterale lo scorso 20 gennaio. Il rischio? Ripartire da capo, come se nulla fosse stato fatto, come se, solo in questi anni, niente fosse avvenuto e tutto fosse da buttare del nostro impianto pastorale. Tanto per non dimenticare val la pena citare anzitutto un’attenzione alle dimensioni fondamentali della vita cristiana. La guida: le lettere pastorali del vescovo Monari (la Parola, l’eucaristia, la comunione, la comunità, la missione, infine la misericordia). Poi i progetti su iniziazione cristiana, unità pastorali (con un Sinodo all’attivo) e ora le linee del progetto missionario diocesano.
E certo molto altro che ogni comunità cristiana ha realizzato. Troppa roba? Può darsi. “Bisognerebbe riuscire a capire cosa lasciar perdere – ha sostenuto qualche intervento in consiglio – e su cosa puntare”. Effettivamente qualche scelta concreta in più non guasterebbe. Come valorizzare le relazioni umane e spirituali, come essere Chiesa in uscita se siamo troppo presi dal tenere in piedi quello che sta dentro, o se siamo sepolti da marea di carte e di riunioni? Ci vorrebbe lo Spirito Santo per districare la matassa. Certo il Papa è un esempio. A lui non mancano cose da governare (persone, strutture, carte, commissioni e scandali), eppure riesce a trasmettere una vicinanza al popolo che stupisce, esprime una freschezza evangelica che interroga soprattutto i laici, dice una novità della Chiesa che, senza nascondere ritardi e fatiche, procede nella gioia. Pensiamoci.