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05 nov 2015 00:00

Sui soldi i fedeli chiedano conto, ma occhio alle bufale

Scandali, bufale e trasparenza... L'editoriale del 41 di "voce" è di don Adriano Bianchi

C’è una regola d’oro che andrebbe rispettata: “Non dire ai giornalisti le cose che non vuoi che vengano scritte”. Non so se è sapienza popolare o è riportata in qualche manuale, ma sarebbe utile a molti tenerla in considerazione. La prassi della confidenza pelosa: “Questa cosa la dico solo a te, ma ti raccomando tienila riservata, non scriverla...” non sempre funziona.

Soprattutto non funziona quando il giornalista si sente investito dal sacro fuoco di dare una notizia, in qualunque modo e a qualunque costo, come se da essa dipendessero le sorti del mondo. “Tutto è vanità” direbbe Qoelet. Come considerare questa prassi: corretta o scorretta? Fatta salva un po’ di etica e di buon senso, che anche i professionisti della comunicazione dovrebbero avere, i giornalisti fanno il loro mestiere e chi li imbocca ha le sue belle responsabilità.

Parte dell’ultimo scandalo Vaticano si gioca su questo fronte. Se la magistratura della Santa Sede verificherà la responsabilità del monsignore spagnolo e della giovane pr italiana coinvolti nell’inchiesta legata alla fuga di documenti riservati, sarà bene ritenere, anzitutto, che sono loro i delinquenti che hanno tradito la fiducia di papa Francesco, che hanno creato scandalo e fatto non il bene, ma il male di quella riforma che il Pontefice sta portando avanti con fatica, ma con determinazione. I motivi? Solo loro e Dio li sanno, per ora.

In seconda istanza si potrebbe allora valutare la responsabilità dei due giornalisti che come “strenna natalizia” ci offriranno, in due libri, le ultime rivelazioni sui sacri palazzi e la cui vendita riempirà (teniamone conto se li andremo ad acquistare) le loro tasche. Non sono dei santi e dei puri o dei semplici cronisti come vogliono farci pensare, ma parte in causa di una strategia che mira, in Italia, a marginalizzare il ruolo della Chiesa nella società. Ho più di un sospetto che i nuovi scandali finanziari (tutti da verificare con i dati alla mano) siano in molta parte delle bufale e puntino a lanciare soprattutto ombre sulla gestione del denaro da parte della Chiesa. Già qualcuno evoca la revisione o l’abolizione dell’8xmille. Chi ci segue, ha letto spesso su “Voce” le rendicontazioni e gli articoli sulle opere che, anche a Brescia, sono possibili grazie a questo sistema di gettito. Tutto trasparente? A noi pare di sì. Basterebbe un giro sui siti www.8xmille.it o www.chiediloaloro.it per farsi un’idea. Il resto è spesso demagogia.

Si può fare meglio? Non c’è dubbio. La trasparenza, come dice il Papa, è d’obbligo, e da perseguire per tutti nella Chiesa. Vale per il Vaticano, ma anche per l’ultima parrocchia. Giustamente i fedeli devono esigerla e chiederne conto a chi gestisce i soldi. Ci sono le mele marce? Forse ci saranno sempre. Fanno soffrire e vanno tolte di mezzo. Il resto lo affidiamo alla misericordia del Padre.
05 nov 2015 00:00