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di GIUSEPPE MARI 03 set 2015 00:00

Tutto si tiene

Il Papa invita a evitare strabismo e miopia ossia l’alterazione della vista che impedisce uno sguardo ampio e profondo

Papa Francesco ci sta guidando ad un approccio alla realtà che sostituisce l’aggressività reattiva con l’assertività attiva. Che cosa voglio dire? Semplicemente che la differenza – rispetto a un certo modo consolidato di affrontare questioni anche spinose – non è in ciò che ispira la risposta, ma nel modo in cui viene trattata la domanda. Questa è infatti assunta come la sfida a dire in positivo ciò che l’annuncio cristiano afferma anche quando si pone negativamente.

Leggendo l’enciclica “Laudato si’”, si coglie un approccio – all’ecologia in generale e all’“ecologia umana” in particolare – che dice proprio questo: la vita in genere e la vita umana in specie vanno difese facendone cogliere la bellezza che esprimono già da se stesse, ma soprattutto grazie alla luce scaturente dalla Rivelazione. Non si tratta di essere arrendevoli rispetto al male, ma anzitutto di alimentare il bene che non può soccombere mai per il fatto che all’origine c’è l’atto creatore di Dio il quale volle il mondo piuttosto che il niente. L’assertività respinge la paura e rende capaci di annuncio alla luce del riconoscimento di un problema più volte denunciato: la tendenza a manipolare l’essere umano trattandolo come una cosa. L’assertività positiva sul mondo e sulla persona permette al Pontefice di sottolineare che tutto si tiene. Il mondo va custodito perché è la nostra casa, ma possiamo evitare di trattarlo come un oggetto qualunque, da usare e consumare, senza riconoscere che è “creato”? Questa condizione costituisce il più forte richiamo a evitare l’abuso in quanto pone di fronte al “dono”, quindi sollecita la responsabilità. Ancora: possiamo dissociare l’ecologia terrestre dall’“ecologia umana”?

Il n. 117 mette insieme “i danni alla natura (…) l’importanza di un povero, di un embrione umano, di una persona con disabilità” e ricorda che “tutto è connesso”. Il Papa invita a evitare strabismo e miopia ossia l’alterazione della vista che impedisce uno sguardo ampio e profondo. Si tratta di una sfida radicale, che mette in discussione la stessa distinzione fra laici e credenti non per banale concordismo, ma perché mostra che l’essere umano non può venire riconosciuto nella sua originalità pura e semplice – per questo motivo, laica – a prescindere dal riconoscimento della sua creaturalità. La novità non è nel contenuto, ma nel modo di porre la questione. Vale la pena rifletterci per trarne concreti indirizzi pastorali ed educativi.
GIUSEPPE MARI 03 set 2015 00:00