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di GUIDO COSTA 09 lug 2015 00:00

Una sentenza amara

E due! Dopo la sentenza contro il blocco degli adeguamenti delle pensioni, la Corte Costituzionale ha deciso di considerare illegittimo anche il blocco dei contratti pubblici

E due! Dopo la sentenza contro il blocco degli adeguamenti delle pensioni, la Corte Costituzionale ha deciso di considerare illegittimo anche il blocco dei contratti pubblici. Agli uni (solo quelli con un assegno superiore a 1.443 euro mensili) e agli altri (dipendenti dello Stato, di Comuni, Province, Regioni, Asl che nelle fatiche della crisi economica potevano comunque far conto sulla stabilità della loro occupazione) era stato imposto un sacrificio per contribuire al riequilibrio del bilancio statale. Non si conoscono ancora quali elementi di incostituzionalità abbiano orientato il pronunciamento dei giudici: per ora, in sei righe di comunicato, la Consulta ha specificato soltanto che la decisione non avrà effetti retroattivi.

È invece sotto gli occhi di tutti la preoccupante confusione tra diritti e tutele, garanzie costituzionali e prerogative di legge nella quale siamo finiti, confusione che mette in difficoltà tutti gli attori coinvolti dalla sentenza: sindacati, Governo, Parlamento e anche la stessa Consulta. A depositare il ricorso sul blocco dei contratti nella pubblica amministrazione erano stati a fine novembre dello scorso anno i sindacati del pubblico impiego di Cgil, Cisl e Uil. La sentenza dà loro ragione ma non sembra lasciare margini di rivendicazione sui mancati aumenti degli ultimi sei anni; chiedono a Palazzo Chigi di riaprire subito il confronto – probabilmente l’otterranno – ma quasi sicuramente la trattativa riguarderà il prossimo biennio contrattuale. Una vittoria, per ora, senza risultati . Il pronunciamento della Corte crea difficoltà al Governo che deve reperire risorse importanti in tempi comunque brevi, e al Parlamento, che ha votato il blocco contrattuale in ragione di una fase critica dei conti pubblici che adesso dovrebbe considerare superata non da fatti oggettivi ma dalla valutazione dei giudici.

La sentenza apre però problemi anche sul ruolo della Corte Costituzionale per quella che sembra una invadenza giurisdizionale sulle prerogative del Governo (qualsiasi Governo) chiamato ad “assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese tenendo conto delle fasi del ciclo economico” (Costituzione della Repubblica Italiana, articolo 81), e sulle prerogative del Parlamento che vota le leggi conseguenti al dettato costituzionale che orienta l’attività dell’esecutivo. In attesa delle motivazioni del pronunciamento, una domanda: alla luce delle ultime sentenze, quanti altri soggetti chiamati a fare sacrifici durante la crisi potrebbero ritenere di avere opportunità per un ricorso alla Consulta?
GUIDO COSTA 09 lug 2015 00:00