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di MAURIZIO TIRA 15 ott 2025 15:36

Viaggi della memoria

Il 31 gennaio del 2020, in occasione della Giornata della memoria, sono stato con un gruppo di studenti e alcuni colleghi docenti alla Risiera di San Sabba a Trieste, monumento nazionale dal 1965. In seguito all’occupazione da parte delle forze tedesche, l’ex opificio fu trasformato in campo di detenzione e di polizia, una delle realtà tipiche dell’universo concentrazionario nazista.

È l’unico campo in Italia dove era presente un forno crematorio. Dopo la liberazione e fino ai primi anni Sessanta la Risiera di San Sabba fu anche campo di raccolta per profughi in fuga dai Paesi oltre la “cortina di ferro”. Uno dei luoghi della memoria più significativi legati alle vicende dell’occupazione nazista d’Italia e anche alle sofferenze create dalla divisione dell’Europa nei due blocchi subito dopo la fine della guerra. Un sacrario dove sostare in silenzio per ricordare le immani sofferenze che hanno patito esseri umani come noi, senza nessuna colpa. È una delle iniziative più belle che l’Università degli Studi ha organizzato negli ultimi anni. Un pellegrinaggio sui sentieri sassosi che l’umanità ha percorso a causa della sua malvagità. Nessuno rimane indifferente dinanzi a quelle celle, a quelle pietre, a quell’architettura spoglia e tetra, cui si accede attraverso un tunnel di calcestruzzo armato voluto dal restauratore per sottolineare ancora di più il tunnel del male in cui molti sono stati inghiottiti.

Ognuno di noi ha cinque sensi, più o meno sviluppati, attraverso i quali acquisiamo e immagazziniamo informazioni. La vista e l’olfatto sono tra i sensi più potenti, capaci di riportare alla mente momenti lontani. Ognuno di noi dovrebbe sfruttare questi sensi visitando i memoriali della sofferenza, quella passata e quella presente: le università, anche la nostra, organizzano periodi di studio e lavoro nei paesi a più basso reddito. Non può mancare nella nostra vita almeno un contatto diretto con i nostri fratelli e sorelle più deprivati, con cui condividiamo semplicemente, ma sacralmente, l’umanità. Senza vedere e sentire è molto più difficile “com-patire”. Intensifichiamo queste esperienze: i luoghi della memoria possono cambiare la vita, soprattutto di coloro ai quali restano lunghi anni per lottare, affinché mai più in nessuna parte del mondo esseri umani abbiano a soffrire ciò che noi non vorremmo mai patire. A Brescia ricordiamo l’esempio caparbio e illuminante di un ex sindaco che soleva accompagnare i nipoti, in occasione della prima comunione, nel campo di concentramento dove suo padre aveva perso la vita. Quale modo migliore di celebrare la comunione nei luoghi tetri che più l’hanno spezzata?

MAURIZIO TIRA 15 ott 2025 15:36