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Brescia
12 mar 2015 00:00

Vuoto orizzontale

Anche a Brescia, come in altre città italiane, il disagio giovanile spinge la società civile a interrogarsi su quali soluzioni approntare. L'editoriale del n° 10 di Voce è di don Adriano Bianchi

Questi ragazzi ci preoccupano. Ci lasciano senza parole. Brescia, culla di illustri istituzioni educative, che ha fatto dell’educare un marchio di fabbrica da esportare nel mondo, che vive un’attività educativa costante nelle famiglie, nella società e nella Chiesa, resta troppo spesso attonita davanti alle notizie di cronaca che coinvolgono gli adolescenti. Sballo, cyberbullismo, uso di droga, abuso di alcol, vandalismo... Troppi racconti del disagio degli adolescenti emergono sia sui media locali sia nello svolgersi della vita dei paesi, dalle valli alla città alla Bassa, senza particolari distinzioni pur variando i luoghi. Anche questa è una novità. Non ci sono più centro e periferia, non c’è più luogo protetto. Tutto ciò che è globale è divenuto locale, e tutto ciò che è locale diventa immediatamente globale.

Il “mondo villaggio” ci ha abituati a incrociare tutti quei problemi che prima ogni comunità gestiva in proprio. Questa attenzione amplificata ci provoca. Cosa sta succedendo ai nostri ragazzi? I fatti che li coinvolgono sono più gravi rispetto a ciò che in passato accadeva? O siamo noi che non riusciamo più a prevenire, ad agire e ad accompagnare, aver cura di loro e dei loro turbamenti? Oratori, famiglie, scuole, istituzioni, associazioni, reti e patti educativi come stanno raccogliendo questi segnali? Siamo ancora capaci di proporre modelli educativi convincenti? Sono domande che ci interpellano come comunità, non solo come Chiesa, ma come intero sistema educativo. Con quali criteri affrontiamo oggi queste sfide? Che ne è della nostra particolare creatività bresciana in questo campo? Nel tempo in cui i tagli di risorse economiche hanno toccato tutti i settori, in particolare le politiche sociali ed educative, l’impressione o la percezione complessiva potrebbe suggerire di “tirare i remi in barca”. È accaduto questo fatto? Che possiamo fare? Molto, anzi, forse molto di più di quello che facciamo. Grazie a Dio ci sono tanti ragazzi che fanno bene. Tanti sono i ragazzi che nella scuola stanno facendo il loro dovere. Tra poco inizierà la stagione sempre piena di vita del grest e dei tanti adolescenti che si impegneranno negli oratori nel servizio dedicato ai più piccoli, prima nella preparazione e poi nel servizio estivo. Insomma belle storie da raccontare, ma anche solo un adolescente in pericolo dovrebbe suscitare la nostra preoccupazione. L’auspicio allora è che tornino a funzionare le reti. Torni la priorità sulle risorse. Certi progetti di vicinanza, di prossimità, tagliati troppo in fretta dalle Amministrazioni, andrebbero rimessi in discussione. Certe attenzioni, ecclesiali e oratoriane, nei confronti dei preadolescenti e adolescenti, troppo in fretta messe tra parentesi perché faticose o non immediatamente efficaci, forse andrebbero riprese, anche a scapito di qualche altro percorso ormai consolidato e strutturato.

Certi percorsi di accompagnamento in famiglia e a scuola non possono venir meno. Genitori, che parlano con gli insegnanti e con gli educatori; politici che si relazionano nei progetti e con la società civile; preti che non perdono la speranza di stare accanto al prossimo, motivando le comunità a operare e a stare dalla parte di quei “figli più bisognosi di sollecitudine e cura”, come diceva il Beato Paolo VI, sono necessari. Poi cercheremo di capire i problemi, di cercare le soluzioni. Lo faremo anche su Voce con un’inchiesta che c’impegnerà su questo tema anche nelle prossime settimane. Soprattutto con la volontà di metterci in ascolto. Il patrimonio più prezioso di Brescia, quella competenza educativa che sa generare il futuro, non va dispersa, anzi, ha bisogno di un rinnovato impegno.
12 mar 2015 00:00