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Cevo
di ADRIANO BIANCHI 07 ott 2016 08:37

Ricollocata la croce: troppo in fretta?

Chi ha voluto una veloce ricostruzione della croce di Job sul dosso dell'Androla avrà i suoi motivi, ma mi chiedo: i tempi sono maturi?

I lavori procedono a ritmo serrato. Nello skyline della Valle Camonica è tornata a svettare la croce del Papa. Segno di fede, segno di affetto alla memoria di San Giovanni Paolo II che sotto la sua ombra, nello stadio Rigamonti, beatificò, il 20 settembre 1998, il camuno Giuseppe Tovini. Ma l’ombra della croce del Papa, ricorda più recentemente, e in modo tragico, la vicenda di Marco Gusmini, il ragazzo di Lovere in gita con l’oratorio a Cevo che il 24 aprile 2014, a causa dell’improvviso collasso della struttura artistica, trovò la morte sul dosso dell’Androla. Figlio unico, con qualche disabilità, aveva in oratorio la sua seconda casa, la sua seconda famiglia. Era quello per lui il luogo dell’amicizia, dell’accoglienza e del servizio nelle piccole cose. Tanti gli hanno voluto bene e il suo ricordo è ancora vivissimo. In fondo due anni sono un tempo così breve per dimenticare... Ora la croce risorge. Non più di legno, ma in metallo; garantita nelle sicurezza perché lo spazio che sovrasta possa tornare ad essere meta di pellegrinaggi.

Certo è che la vicenda giudiziaria legata alla morte di Gusmini non è finita. L'assicurazione del Comune, nel frattempo, con un accordo extragiudiziale tra le parti ha disposto il risarcimento di 700mila euro alla famiglia di Marco. Molte le domande aperte, molte responsabilità da stabilire... Chi ha voluto una veloce ricostruzione avrà i suoi motivi, ma mi chiedo: i tempi sono maturi? Soprattutto è stato compiuto con saggezza il percorso, non tecnico o amministrativo, ma quello umano che tiene conto del rispetto dei sentimenti delle persone, della loro necessaria rielaborazione e condivisione, del rispetto del dolore di una famiglia e di una comunità, prima di riportare la croce del Papa al suo antico splendore? Sarà certamente così. La morte di un figlio è una cosa troppo seria. Nei giorni del lutto, il Vescovo e la Chiesa bresciana furono molto vicini alla famiglia di Marco e alla comunità di Lovere e continuano ad esserlo. Ci è chiaro che prima dei monumenti, per quanto belli e preziosi, c’è il cuore ferito delle persone. È quello che prima di tutto deve risorgere, anche se forse non basterà una vita.

ADRIANO BIANCHI 07 ott 2016 08:37