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Roma
di AGENSIR 11 apr 2016 00:00

Papa Francesco: Amoris Laetitia, non è tutto “bianco o nero”

“Non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero”. Comincia con questa raccomandazione l’Esortazione apostolica postsinodale “Amoris Laetitia” – firmata il 19 marzo ma pubblicata oggi -, indirizzata dal Papa “ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate, agli sposi cristiani e a tutti i fedeli laici sull’amore nella famiglia”

“Non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero”. Comincia con questa raccomandazione l’Esortazione apostolica postsinodale “Amoris Laetitia” – firmata il 19 marzo ma pubblicata oggi -, indirizzata dal Papa “ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate, agli sposi cristiani e a tutti i fedeli laici sull’amore nella famiglia”. “Nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano”, precisa il Papa nel documento – 325 paragrafi articolati in nove capitoli – in cui definisce “un prezioso poliedro”, che va conservato, il contributo offerto dai padri sinodali nei due anni di cammino del Sinodo. E proprio le due “Relatio Synodi” del 2014 e del 2015, insieme alle 28 catechesi del mercoledì nel periodo intersinodale, sono i testi maggiormente citati da Francesco, insieme agli interventi dei suoi predecessori – san Giovanni Paolo VI, Paolo VI e Benedetto XVI – in testi basilari per la pastorale familiare come la “Familiaris consortio” e l’“Humane vitae”. Già nei sette paragrafi introduttivi, il Papa sgombra il campo da aspettative incongrue: “I dibattiti che si trovano nei mezzi di comunicazione o nelle pubblicazioni e perfino tra i ministri della Ciesa vanno da un desiderio sfrenato di cambiare tutto senza sufficiente riflessione o fondamento, all’atteggiamento che pretende di risolvere tutto applicando normative generali e traendo conclusioni eccessive da alcune riflessioni teologiche”. Nell’Anno del Giubileo, l’“Amoris Laetitia” vuole essere “una proposta per le famiglie cristiane, che le stimoli a stimare i doni del matrimonio e della famiglia, e a mantenere un amore forte e pieno di valori quali la generosità, l’impegno, la fedeltà e la pazienza”, in modo da “incoraggiare tutti ad essere segni di misericordia e di vicinanza lì dove la vita familiare non si realizza perfettamente o non si svolge con pace e gioia”. “Tenere i piedi per terra”, lo spirito del documento, in cui in cui si ricordano “alcuni elementi essenziali dell’insegnamento della Chiesa circa il matrimonio e la famiglia” e si indicano “alcune vie pastorali” per “costruire famiglie solide e feconde secondo il piano di Dio”. Al centro, “un invito alla misericordia e al discernimento pastorale davanti a situazioni che non rispondono pienamente a quello che il Signore ci propone”. “Prendersi cura delle famiglia”, l’orientamento di fondo, perché le famiglie “non sono un problema, sono principalmente un’opportunità”.

“Accompagnare, discernere e integrare”. Sono i tre verbi-chiave dell’“Amoris Laetitiae” riferite alla “fragilità” delle famiglie, cui è dedicato l’ottavo capitolo, in cui si parla del “lavoro” della Chiesa, che “assomiglia a quello di un ospedale da campo” e la cui “logica” è quella della “misericordia pastorale”. “La strada della Chiesa, dal Concilio di Gerusalemme in poi, è sempre quella di Gesù: della misericordia e dell’integrazione. La strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno; di effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la chiedono con cuore sincero”. Per il Papa, dunque, “sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione”. In sintesi, la ricetta dell’“Amoris Laetitia” è di “integrare tutti”, “aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia immeritata, incondizionata e gratuita”: “Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo”, ammonisce Francesco, che subito dopo precisa: “Non mi riferisco solo ai divorziati che vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino”. “Accompagnare con attenzione e premura i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando fiducia e speranza, come la luce del faro di un porto o di una fiaccola portata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano in mezzo alla tempesta”, il primo imperativo. Il punto di partenza è la consapevolezza che “il matrimonio cristiano, riflesso dell’unione tra Cristo e la sua Chiesa, si realizza pienamente nell’unione tra un uomo e una donna, che si donano reciprocamente in un amore esclusivo e nella libera fedeltà, si appartengono fino alla morte e si aprono alla trasmissione della vita, consacrati dal sacramento che conferisce loro la grazia per costituirsi come Chiesa domestica e fermento di vita nuova per la società”. “Altre forme di unione – puntualizza il Papa – contraddicono radicalmente questo ideale, mentre alcune lo realizzano almeno in modo parziale e analogo”.

Per le situazioni difficili, complesse e “irregolari” delle famiglie la legge da seguire è quella della “gradualità”, già sancita da san Giovanni Paolo II 35 anni fa, nella “Familiaris Consortio”. Lo spiega il Papa nell’“Amoris Laetitia”, ricordando che la “legge della gradualità” consiste nella consapevolezza che l’essere umano “conosce, ama e realizza il bene morale secondo tappe di crescita”. L’esempio citato dai padri sinodali e fatto proprio da Francesco è quello del matrimonio civile o della “semplice convivenza”, in cui, “quando l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico, è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di superare le prove, può essere vista come un’occasione da accompagnare nello sviluppo verso il sacramento del matrimonio”. Ai pastori, quindi, “compete non solo la promozione del matrimonio cristiano, ma che il discernimento pastorale delle situazioni di tanti che non vivono più questa realtà”, per “entrare in dialogo pastorale con tali persone al fine di evidenziare gli elementi della loro vita che possono condurre a una maggiore apertura al Vangelo del matrimonio nella sua pienezza” e “identificare elementi che possono favorire l’evangelizzazione e la crescita umana e spirituale”. Accogliere e accompagnare “con pazienza e delicatezza”, il consiglio del Papa in queste situazioni, sulla scorta dello stile adottato da Gesù con la samaritana.

“I divorziati che vivono una nuova unione possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale”. Lo scrive il Papa nell’“Amoris Laetitia”, in cui si esorta a valutare caso per caso. “Una cosa – precisa Francesco – è una seconda unione consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impego cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe”, o il caso di “quanti hanno fatto grandi sforzi per salvare il primo matrimonio e hanno subito un abbandono ingiusto” o quello di “coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’eduzione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido”. Altra cosa, invece, “è una nuova unione che viene da un recente divorzio, con tutte le conseguenze di sofferenza e di confusione che colpiscono i figli e famiglie intere, o la situazione di qualcuno che ripetutamente ha mancato ai suoi impegni familiari”. “Dev’essere chiaro che questo non è l’ideale che il Vangelo propone per il matrimonio e la famiglia”, ammonisce Francesco, che mette in guardia i pastori da “semplici ricette”. I divorziati risposati, in particolare, “devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo”. È la “logica dell’integrazione”, per il Papa, “la chiave del loro accompagnamento pastorale”: “Sono battezzati, sono fratelli e sorelle”, “non devono sentirsi scomunicati”, e la loro partecipazione “può esprimersi in diversi servizi ecclesiali”, attraverso la capacità di “discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate”. “Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete – l’affermazione di sintesi del Papa sull’impostazione di fondo di Amoris Laetitia – è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi”.

“Credendo che tutto sia bianco e nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio”. È l’ammonimento contenuto nell’“Amoris Laetitia”, in cui non si nomina mai esplicitamente il tema dell’accesso alla comunione per i divorziati risposati ma – in una nota dell’ottavo capitolo -, a proposito dell’“aiuto della Chiesa”, si fa presente che “in certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei sacramenti”. “È possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa”, si legge al numero 305 del documento, in cui s’invitano i pastori al “discernimento pratico” caso per caso. “Un pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni irregolari, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone”, il monito del Papa: “È il caso dei cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite”. Di qui la necessità di riflettere “su condizionamenti e circostanze attenuanti”, e sul rapporto tra “le norme e il discernimento”. “Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà”, la raccomandazione pastorale di Francesco sulla scorta dell’Evangelii gaudium.

“Comprendere le situazioni eccezionali non implica mai nascondere la luce dell’ideale pieno né proporre meno di quanto Gesù offre all’essere umano. Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture”. Ne è convinto il Papa, che nell’ultima sezione dell’ottavo capitolo dell’Amoris Laetitia spiega in questi termini la “logica della misericordia pastorale”, che consiste nell’“assumere la logica della compassione verso le persone fragili” e nell’“evitare persecuzioni o giudizi troppo duri e impazienti”, usando la “forza della tenerezza” per mettere in pratica ciò che il Vangelo stesso ci richiede: “Non giudicare e non condannare”. Gesù, è il “Pastore di cento pecore, non di novantanove”, e “le vuole tutte”: “La misericordia non è solo l’agire del padre, ma diventa il criterio per capire chi sono i suoi veri figli”, e la Chiesa “non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa”. No, allora, ad una “morale fredda da scrivania”, sì al “discernimento pastorale carico di amore misericordioso, che si dispone sempre a comprendere, a perdonare, ad accompagnare, a sperare, e soprattutto a integrare”. Nasce da qui l’invito finale dell’ottavo capitolo, in cui Francesco esorta i fedeli “che stanno vivendo situazioni complesse ad accostarsi con fiducia a un colloquio con i loro pastori e con laici che vivono dediti al Signore. Non sempre troveranno in essi una conferma delle proprie idee e dei propri desideri, ma sicuramente riceveranno una luce che permetterà loro di comprendere meglio quello che sta succedendo e potranno scoprire un cammino di maturazione personale”. Ai pastori, l’invito del Papa è “ad ascoltare con affetto e serenità, con il desiderio sincero di entrare nel cuore del dramma delle persone e di comprendere il loro punto di vista, per aiutarle a vivere meglio e a riconoscere il loro posto nella Chiesa”.
AGENSIR 11 apr 2016 00:00