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Roma
18 gen 2016 00:00

Papa Francesco in Sinagoga: ebrei e cristiani una sola famiglia

Questo il messaggio lasciato alla comunità ebraica di Roma nella visita al Tempio Maggiore, la terza di un papa dopo quelle di San Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI

“Ebrei e cristiani, fratelli e sorelle nell’unica famiglia di Dio, che li protegge come suo popolo”. È un messaggio di amicizia, dialogo, profonda condivisione quello che papa Francesco ha lasciato ieri alla comunità ebraica di Roma nella sua visita al Tempio Maggiore. Un momento definito storico dai protagonisti, e in continuità con l’abbraccio che segnò la prima visita di Giovanni Paolo II nel 1986, e col rapporto vincolante che venne a ribadirvi esattamente sei anni fa, Benedetto XVI. Ad accogliere Francesco i rappresentanti dell’ebraismo mondiale oltre ai membri della comunità presente a Roma da ventidue secoli. Gesti e parole indelebili hanno scandito la presenza alla Sinagoga di Roma del terzo Papa della storia, argentino e con un passato di amicizia profonda con gli ebrei citata e apprezzata dai presenti.

Col Papa il saluto di pace dell'intera Chiesa cattolica
Giovani, donne, anziani si sono avvicinati a papa Francesco per una parola e una stretta di mano e lo hanno accompagnato nell’omaggio che ha reso alla loro storia dolorosa, rappresentata dalle lapidi in memoria della deportazione dell’ottobre 1943 e dell’attentato terroristico del 1982. Poi in una Sinagoga stracolma, il Papa, tra l’entusiasmo della comunità, hqa abbracciato il Rabbino capo Riccardo Di Segni e tanti presenti. Commuovente in particolare l’incontro con i sopravvissuti all’Olocausto.

“Oggi scriviamo ancora una volta la storia”
Con queste parole la presidente della Comunità romana Ruth Dureghello, come le altre autorità, si è rivolta al Papa. "Oggi dimostriamo - ha aggiunto - che il dialogo tra fedi è possibile. Anzi, davanti al terrorismo e alle nuove persecuzioni, a cui non possiamo restare indifferenti, lanciamo un messaggio nuovo anche all'Islam: la fede non genera odio, la fede non sparge sangue, la fede richiama al dialogo”.

Ebrei, cattolici e musulmani insieme per migliorare il mondo
“Insieme dobbiamo denunciare gli orrori, insieme dobbiamo collaborare nel quotidiano”, ha affermato inveceil Rabbino Capo Di Segni. E dialogo interreligioso, rispetto, impegno comune come fratelli, sono le prime parole pronunciate dal Papa nel suo discorso: “Nel dialogo interreligioso è fondamentale che ci incontriamo come fratelli e sorelle davanti al nostro Creatore e a Lui rendiamo lode, che ci rispettiamo e apprezziamo a vicenda e cerchiamo di collaborare. E nel dialogo ebraico-cristiano c’è un legame unico e peculiare, in virtù delle radici ebraiche del cristianesimo: ebrei e cristiani devono dunque sentirsi fratelli, uniti dallo stesso Dio e da un ricco patrimonio spirituale comune (cfr Dich. Nostra aetate, 4), sul quale basarsi e continuare a costruire il futuro”.

Le sfide del mondo di oggi: ecologia integrale, pace, giustizia
La dimensione teologica del dialogo, sancita dal Concilio Vaticano II, merita di essere sempre più approfondita, ha sottolineato il Papa, "ma è anche l’oggi - ha continuato - ad interpellare le due fedi. Con voi fratelli e sorelle maggiori nella fede, secondo l’espressione di Giovanni Paolo II di 30 anni fa, appartenenti all’unica famiglia di Dio, siamo chiamati ad assumerci le nostre responsabilità per la città di Roma, senza perdere di vista però le grandi sfide del mondo. Un’ecologia integrale, il cui significato è racchiuso nella Bibbia, e che è ormai prioritaria, e poi l’impegno per la pace e la giustizia da rafforzare. La violenza dell’uomo sull’uomo è in contraddizione con ogni religione degna di questo nome, e in particolare con le tre grandi religioni monoteistiche. La vita è sacra, quale dono di Dio". È in questa prospettiva che papa Francesco ha posto l'idea di una preghiera accorata da fare insieme: “Né la violenza né la morte - sono state ancora le sue parole - avranno mai l’ultima parola davanti a Dio, che è il Dio dell’amore e della vita. Noi dobbiamo pregarlo con insistenza affinché ci aiuti a praticare in Europa, in Terra Santa, in Medio Oriente, in Africa e in ogni altra parte del mondo la logica della pace, della riconciliazione, del perdono, della vita”.

La Shoah: una lezione per presente e futuro
Inevitabile e commuovente il riferimento del Papa alla Shoah, dinanzi ai volti dei pochi protagonisti sopravvissuti. “E' una disumana barbarie - ha affermato - perpetrata in nome di una ideologia che voleva sostituire l'uomo a Dio”: mai dimenticarla. E il passato ci deve servire da lezione per il presente e per il futuro. La Shoah ci insegna che occorre sempre massima vigilanza, per poter intervenire tempestivamente in difesa della dignità umana e della pace”.
Ma l’ultima parola di Francesco è stata ancora una volta di gratitudine, per 50 anni di rinnovata fiducia, amicizia e comprensione reciproca. “ Sia il Signore - è stata la preghiera finale del Pontefice - a condurre il nostro cammino verso un futuro buono, migliore, Lui che su di noi ha progetti di salvezza. Shalom alechem!".
18 gen 2016 00:00