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di MAURILIO LOVATTI 15 gen 2015 00:00

Il pianeta è più caldo

Spesso nel dare la notizia, si omettono le cause del fenomeno e soprattutto non si dice cosa è necessario fare per fermare il pericolo

Stando ai recenti dati ufficiali dell’Agenzia meteorologica giapponese, il 2014 è stato l’anno più caldo dal 1891 in poi. Un riscaldamento costante che segna un aumento di 0,63° C, rispetto alle medie del ventesimo secolo e di 0,27° C rispetto al periodo 1981-2010. Il 2014 così supera anche il 1998, anno ricordato come particolarmente caldo a causa dell’esplicarsi di un intenso fenomeno di El Niño, che invece stavolta non c’è stato. Inoltre, dal 1998 si sono registrati i 10 anni più caldi di questi ultimi 123 anni. Le conseguenze del riscaldamento saranno precipitazioni ed inondazioni eccezionalmente intense in alcuni Paesi, e siccità estrema in altri. Questa notizia è stata riportata nei primi giorni dall’anno dai giornali e da quasi tutti i tg.

Spesso però, nel dare la notizia, si omettono le cause del fenomeno e soprattutto non si dice cosa è necessario fare per fermare il pericolo. Il riscaldamento globale è causato dalle emissioni dell’uomo. A confermarlo è una ricerca della University of Southampton pubblicata sulla rivista Nature Geoscience. Lo studio, firmato da Philip Goodwin, Richard G. Williams e Andy Ridgwell, chiarisce la relazione tra la CO2 immessa in atmosfera dalle attività umane e l’aumento delle temperature registrato dalla fine del 1800 a oggi. Secondo gli esperti, anche se gli oceani assorbono parte dell’anidride carbonica emessa dalle attività umane, l’inquinamento generato ha effetti per secoli e incide pesantemente sull’aumento delle temperature globali.

Nello specifico, secondo le stime degli scienziati, ogni milione di milioni di tonnellate di CO2 generate la temperatura aumenta di un grado Celsius. Entro il 2100 la temperatura potrebbe aumentare di 4 gradi centigradi, causando milioni di danni e migliaia di vittime. Per rallentare il riscaldamento è necessario che una grandissima parte delle fonti fossili non sia utilizzata. Un gruppo di ricercatori dello University College London ha calcolato le quantità di combustibili fossili che possono ancora essere utilizzate entro il 2050 per riuscire a non rendere irreversibile il fenomeno.

I dati non faranno certo felici le lobby del petrolio, del carbone e del gas e nemmeno la maggior parte dei governi nazionali, ancora fortemente puntati allo sfruttamento di questo tipo di risorse. Si parla dell’80% delle riserve di carbone (290 miliardi di tonnellate), un terzo di quelle di petrolio (223 miliardi di barili) e la metà di quelle di gas, che devono rimanere inutilizzate se non vogliamo che i livelli di CO2 salgano a valori incontrollabili.
MAURILIO LOVATTI 15 gen 2015 00:00