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di ROSSELLA DE PERI 12 apr 2018 10:42

Chi va dallo specialista

L’elemento problematico non vive in un contesto asettico, avulso da relazioni in cui si intrecciano serie fittissime di azioni e contro-reazioni. Se questo concetto è più chiaro per un bambino, lo è molto meno nel caso in cui l’elemento portatore di una problematica è un adulto

Silvia è una giovane donna, con un lieve ritardo mentale; ha allucinazioni uditive che le suggeriscono di farsi del male e conseguentemente pratica atti di autolesionismo. Ha evidenziato problemi fin dai primi anni di vita; i genitori sono andati a destra e a manca affinché lei potesse avere aiuto, sfruttando al massimo le abilità presenti. Silvia ha sempre manifestato disturbi del comportamento, in primis oppositività. Questo ha sempre messo a dura prova i genitori, soprattutto quando devono intervenire con proibizioni. Silvia, già in maggiore età, si è messa nei guai lasciandosi abbindolare da male intenzionati che le hanno estorto soldi e hanno abusato di lei. I genitori non sono mai stati seguiti professionalmente per ricevere sostegno e consulenza nella gestione così difficile della figlia. Soprattutto il padre ha pensato per molto tempo che Silvia andasse tenuta sotto controllo con le maniere forti... Poi ha capito che questo metodo era controproducente, nonché deleterio e l’ha abbandonato. Ma questo padre si porta e si porterà probabilmente sempre dentro per tutta la vita un grosso senso di colpa per aver usato un metodo violento e sbagliato con la figlia. Ne parla infatti a fatica e con le lacrime agli occhi.

Non solo è utile, ma è generalmente indispensabile per aiutare un minore e anche un adulto problematico, coinvolgere la famiglia, curare anche la famiglia, cioè prendersene cura. Un elemento familiare problematico coinvolge tutta la famiglia; spesso basta aiutare i genitori per vedere risolto o drasticamente ridotto il problema del figlio. Spesso modalità relazionali sbagliate fertilizzano un problema obiettivo, com’è il caso di Silvia. E spesso i genitori ne sono inconsapevoli: anche se con le migliori intenzioni possono fare grossi danni. L’elemento problematico non vive in un contesto asettico, avulso da relazioni in cui si intrecciano serie fittissime di azioni e contro-reazioni. Se questo concetto è più chiaro per un bambino, lo è molto meno nel caso in cui l’elemento portatore di una problematica è un adulto. Tutto questo in genere avviene nella più totale inconsapevolezza da parte dei genitori o di chi se ne prende cura. Ecco perché negli studi specialistici dovrebbero entrare più spesso anche i familiari: non per essere giudicati o colpevolizzati, ma aiutati. Giudicare e colpevolizzare non serve a niente. L’obiettivo è trasformarli in risorsa e dare loro benessere, così spesso duramente compromesso.

ROSSELLA DE PERI 12 apr 2018 10:42