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Italia
di LUCIANO COSTA 20 mag 2021 09:24

Dove abita la gravità permanente?

A vederlo così gracile e gentile veniva da pensare che Franco Battiato, morto nei giorni scorsi, non fosse adatto a stare in quel frastuono di voci e musiche che formavano l’anima del concerto. Ma bastava si avvicinasse al microfono e intonasse la canzone perché tutti lasciassero spazio alle parole, come quelle che invitando a cercare qualcosa – magari “un centro di gravità permanente…” –, di fatto imponevano di cercare una sola cosa: l’infinito. Non so se Franco Battiato avesse fede in Dio o anche solo briciole di visione assoluta in grado di assicurargli sufficiente speranza per andare oltre le umane cose. So che era un “gentile”, cioè rispettoso di sé e degli altri; che immaginava cieli e terre nuovi abitati da persone variopinte e variamente interessate al Cristo andato a morire sulla croce e ai tanti poveri cristi ancora in circolazione sulla desolata terra. Mi capitò, dopo una serata a teatro in compagnia delle sue canzoni e della sua visione di umanità planetaria, di incrociare Battiato mentre salutava gli amici prima di dirigersi verso l’automobile che l’avrebbe portato all’appuntamento suggestivo. Non c’era tempo per intavolare riflessioni e neppure per cercare risposte alle tante domande suscitate dalle sue canzoni. Allora gli chiesi soltanto se nel suo mondo, quello che cercava “un centro di gravità permanente” c’era posto per sconosciuti viandanti in cerca delle medesime cose. Mi rispose che c’era posto “per tutti quelli che cercando l’infinito non si fermano a contemplare l’in senza preoccuparsi di quel finito che lo completa e che ammonisce sui rischi che porta con sé…”.

Allora mi fu difficile accostare la risposta a qualcosa che sembrasse men che campato in aria. Più avanti negli anni, senza per altro avere ulteriori occasioni per vivere una serata a teatro con le sue parole e la sua musica, di fronte all’immagine televisiva che lo rendeva commestibile ai più, compresi che il segreto era nascosto nelle parole pronunciate e cantate. Adesso che mi tocca salutarlo già proiettato in un al di là senza confini, rileggo la canzone che più di tutte ha condito i miei giorni (quella intitolata “Cerco un centro di gravità permanente”, insieme di mistero e di verità) e vedo scorrere il suo e mio mondo, un tempo che in 76 anni ha visto il bene, il male, la vita, la morte, il pressapochismo, il doppiogiochismo, l’avidità, l’interesse, la generosità, la guerra, la pace e poi ancora la guerra, la pace e l’odio tra uomini e donne uguali ma incapaci di vedersi uguali… La ricordate? L’avete mai letta restando accovacciati nel silenzio della sera usandola come laica preghiera? Incomincia raccontando “una vecchia bretone, capitani coraggiosi, furbi contrabbandieri macedoni, Gesuiti euclidei... prosegue con la ricerca di “un centro di gravità permanente”... Avrei bisogno di…” trovarlo e assaporarlo quel centro, “over and over again”, cioè ancora, ancora, ancora… Ora è il tempo di un ultimo saluto, per dirgli “caro Franco, ti sia lieve la terra che ti ricopre e felice il cielo che ti accoglie”; anche per ripetergli “…e ti vengo a cercare, anche solo per vederti o parlare, con la scusa di doverti parlare, perché in te vedo le mie radici…” e così “cercare l’Uno al di sopra del Bene e del Male, essere un’immagine divina di questa realtà…”. Come dice il saggio, il cielo è di tutti. Ma oso pensare che un posto d’eccellenza, in quel cielo, sia riservato ai sognatori senza fine.

Dal blog; https://bresciadesso.com/


LUCIANO COSTA 20 mag 2021 09:24