lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
Brescia
di + PIERANTONIO TREMOLADA 23 dic 2020 14:23

Festa della fragilità e della tenerezza

Abbiamo toccato con mano la nostra fragilità. Questo contagio che ancora dilaga ha mostrato chiaramente il nostro limite. Non ci era mai successo di vederlo così chiaramente. Ridimensionato drasticamente il nostro senso di potenza, ci siamo trovati a fare i conti con un senso di incertezza. Guardiamo avanti e non ritroviamo i punti fermi che vorremmo avere, le sicurezze a cui ci eravamo abituati (forse un po’ troppo spavaldamente). Parliamo del domani con tanti forse e tanti ma. E mentre questo accade ecco giungere il Natale. Lo vivremo in zona rossa, senza le grandi tavolate dei parenti e senza la possibilità di spostarsi dove forse avremmo voluto. Comunque del Natale si tratta. Di quella festa che – se soltanto guardiamo il presepe – ha molto a che vedere con la fragilità umana e il suo limite. Maria e Giuseppe in viaggio, la notte, il parto improvviso, la grotta, la mangiatoia, la visita dei pastori: sono i segni di una precarietà che caratterizza sin dall’inizio la visita di Dio agli uomini. Egli entra nella storia facendo sua la nostra debolezza. Forse per dirci che non dobbiamo temerla, che non ce ne dobbiamo vergognare. È un invito che va in senso decisamente contrario rispetto ad altri che invece troppo spesso risuonano sia nei media che nei social. Qui la parola d’ordine è fitness, cioè piena forma e bella presenza. È il mito dell’eterna giovinezza che torna a farsi strada e che sembra trovare al nostro tempo una considerazione insospettata. Il Natale annuncia invece la simpatia di Dio per la debolezza dell’umanità, il suo affetto per chi non è in grado di presentarsi baldanzoso e forte. Non si tratta della condiscendenza sgradevole di chi si sente superiore, ma di un amore sincero, del piacere di far sentire grande che non può considerarsi tale. È quanto ha riconosciuto e cantato la Madre di Dio nel suo magnificat: “Ha guardato l’umiltà della sua serva, d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”.

E ancora: “Ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili, ha ricolmato di bene gli affamati e rimandato i ricchi a mani vuote”. Là dove la fragilità non è obbligata a nascondersi, per vergogna o per paura, fiorisce la tenerezza e l’umanità si arricchisce di un tesoro inestimabile. “Non abbiate paura della tenerezza” – ha detto papa Francesco in uno dei suoi primi discorsi. Un mondo di primi della classe sarebbe terribilmente grigio: tante bellissime cittadelle ognuna arroccata sulla propria montagna, autonome, separate, tutte prese a specchiarsi nel proprio lago. Piccoli regni orgogliosi dove non manca nulla, tranne l’amore. Chi invece è debole sa di non bastare a se stesso e chi ama sa cogliere immediatamente il messaggio. È vero, la debolezza è sempre a rischio: non è detto che trovi immediatamente quella solidarietà di cui ha bisogno. Per questo la fragilità ci fa paura. Tuttavia, proprio la pandemia ci ha dimostrato che la forza del bene non è una teoria e che il cuore dell’uomo è capace di straordinari slanci d’amore quando vede il bisogno e la sofferenza. Questo dunque è il punto: costruire la società non sul mito illusorio della forza e della salute, destinate a svanire, ma su quello del reciproco sostegno e dell’amore solidale. “Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio”: Natale cristiano, festa della fragilità e della tenerezza di Dio.


+ PIERANTONIO TREMOLADA 23 dic 2020 14:23