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Brescia
di GABRIELE BAZZOLI 12 lug 2018 08:07

Giovani. L’oratorio da lontano

Provate ad immaginare di trovarvi lontano e guardare ad una parrocchia della nostra diocesi, proprio in questo periodo. Chiudete gli occhi. Siete un prete di Madrid, una coppia di genitori di Catania, una giovane adolescente provenzale, un nonno di un bel paesino del Tirolo austriaco

Provate ad immaginare di trovarvi lontano e guardare ad una parrocchia della nostra diocesi, proprio in questo periodo. Chiudete gli occhi. Siete un prete di Madrid, una coppia di genitori di Catania, una giovane adolescente provenzale, un nonno di un bel paesino del Tirolo austriaco. E da là, da lontano, vedete nel campo di calcio vicino al campanile 50, 100 e 200 bambini; vedete adolescenti con la maglia arancione, che corrono, gridano al megafono, magari si mettono a gruppetti per chiacchierare. Vedete un’educatrice di vent’anni che arriva in oratorio alle 8 di mattina e finisce la giornata con la riunione animatori alle 18:30.

Vedete un gruppo di mamme che abbandona il gruppo whatsapp delle amiche e si dedica tutti i giorni a preparare le merende. Vedete anche un prete, che arriva dopo la Messa e quando si trova in mezzo ai suoi ragazzi – anche se magari non ricorda tutti i nomi – beh, dimentica per un attimo le troppe scartoffie e si mette a fare tre tiri con il pallone. Non ci credereste. Impossibile! Figurarsi se nel 2018 una comunità cristiana può vivere 15 giorni per il servizio ai più piccoli cominciando proprio dai più giovani. Da Madrid al Tirolo (e dal Manzanarre al Reno, se vogliamo) gli sguardi sarebbero increduli. Se sapessero che è vero verrebbero a cercare di capire come è possibile, come si fa. Ma è vero. Una combinazione provvidenziale – che non durerà per sempre – di scuole che si concludono presto; di bisogni delle famiglie che chiedono risposte; di adolescenti che scoprono nei più piccoli un po’ di senso del servizio; di bambini che godono un mondo nel trovare – per tre, quattro settimane – occasioni per stare insieme meno rigide e strutturate e soprattutto realizzate con la spensieratezza di ragazzi che potrebbero essere fratelli maggiori; della possibilità di offrire tutto questo a prezzi popolari (il confronto con i camp sportivi e le settimane di studio spiega molte cose) ebbene tutto questo è il carburante (gratuito) di un’esperienza che non ha eguali. Ma dura fatica, un sacco di fatica, e i genitori non sono più quelli di una volta, hanno pretese; e poi, cosa rimane dello specifico cristiano in un’esperienza del genere…

Osservazioni straordinariamente figlie del tempo che viviamo, del tempo della performance e della misurazione, nel quale costi e benefici di una esperienza si valutano su due colonne e poi si tira la riga. Ma che domande sono?

GABRIELE BAZZOLI 12 lug 2018 08:07