lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
Brescia
di MARCO FOLLLINI 16 set 2021 08:10 Ultimo aggiornamento 15 set 2021 16:17

Il populismo finisce senza un esame di coscienza

Siamo in bilico tra il populismo che non c’è (forse) quasi più e il centro che non è detto mai più ci sarà. Una specie di terra di nessuno, che non ha né un principe che la governi politicamente ed elettoralmente né un principio che la interpreti e le dia un senso. La crisi del populismo sta dentro alcuni di quei suoi numeri che avrebbero dovuto essere magici. Per il reddito di cittadinanza abbiamo speso quasi 20 miliardi di euro. Per quota 100 ne abbiamo spesi più di 11. Molte risorse, pochi ritorni. Ora i due provvedimenti sono sotto il tiro degli avversari politici, e questo è perfino ovvio. Ma anche chi ne ha fatto una bandiera deve riconoscere che la povertà non è stata debellata e l’occupazione non è stata aiutata quanto promesso. A fronte di questi magri risultati verrebbe da pensare che i cultori delle antiche scuole politiche, abituati a evitare forzature simboliche e a comporre interessi in conflitto, trovassero l’ardire di mettere nero su bianco qualche proposta capace di dare il segnale che anche loro sono in campo, hanno idee, offrono un’alternativa allo scompiglio di questi ultimi anni. E invece sembra proprio che non accada nulla. Il populismo finisce, ma al rallentatore, senza produrre un esame di coscienza collettivo. Il centrismo forse rinascerà, un giorno o l’altro. Ma nel frattempo consuma le sue stagioni vivendo di qualche rimpianto (sempre meno) e di qualche vago auspicio. Appare ovvio che la politica dei giorni nostri è ancora in cerca d’autore.

MARCO FOLLLINI 16 set 2021 08:10 Ultimo aggiornamento 15 set 2021 16:17