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di LUCIANO COSTA 17 mag 2018 08:50

Il rivoluzionario Bergamini

Giuseppe è morto qualche giorno fa, senza incomodare nessuno, ma con la certezza di avere intorno a sé la schiera di coloro che da lui avevano ricevuto sorrisi, aiuti e braccia a cui appoggiarsi per risollevarsi dalle cadute e vincere le sfide

L’ultima volta che ho incrociato Giuseppe stava andando verso la chiesa parrocchiale di Ospitaletto, il suo paese. “Ho un appuntamento con la preghiera – mi disse -, se vuoi c’è posto anche per te”. Giuseppe Bergamini, uomo buono e umile, inventore con Giovanni Borghetti di un modo straordinario, addirittura rivoluzionario, di esercitare la fraternità, come sempre sorrideva e invitava a sorridere alla vita. Quel suo modo di fare era la norma che lo accompagnava ovunque. “Dai, vieni…” diceva. E pochi potevano resistere al fascino di incamminarsi con lui verso un dove ignoto ma sicuramente degno d’essere visitato. Giuseppe è morto qualche giorno fa, senza incomodare nessuno, ma con la certezza di avere intorno a sé la schiera di coloro che da lui avevano ricevuto sorrisi, aiuti e braccia a cui appoggiarsi per risollevarsi dalle cadute e vincere le sfide. “Se ne è andato un altro pezzo di storia buona del nostro paese – ha detto il sindaco di Ospitaletto Giovanni Battista Sarnico -, gli dobbiamo riconoscenza e affetto; allo stesso modo gli devono riconoscenza e affetto i mille e mille che hanno gustato la sua generosità”. Giuseppe, sempre attivissimo nella ricerca di poveri e disperati a cui dare una mano, dopo la morte del suo amico Giovanni Borghetti, con il quale aveva piastrellato le strade di Ospitaletto e dintorni di carità e generosità mai banali, aveva lasciato gran parte degli impegni legati alla cooperativa “Fraternità” ai nuovi, “perché – diceva – il futuro lo devono programmare loro, senza che noi vecchi stiamo lì a fare pietre d’inciampo”. Lui, comunque, c’era: sempre pronto a disegnare scenari in cui solidarietà e carità fossero protagoniste di un vivere e condividere in grado di elevare ultimi al rango dei primi e dimostrare come fosse possibile, con poco o nulla a disposizione, cambiare il mondo e il modo di intendere l’umana avventura.

Giuseppe sognava cieli e terre nuove in cui tutti potessero abitare; poi, anche un tempo che prevedesse tra le sue pieghe una goccia capace di riempire il mare, una stella in grado di illuminare il cielo e un fiore annunciante l’arrivo della primavera. Aveva da poco compiuto settant’anni, forse ne sentiva il peso e i pesi causati dagli inevitabili acciacchi, ma teneva tutto dentro di sé, come se il solo accennare a qualcosa di personale togliesse spazio a chi, secondo lui, aveva ben più gravi motivi di cui dolersi. Gli anni, però, non lo hanno mai distolto dall’idea che ha dominato la sua vita: essere per gli altri, vivere per gli altri, fare in modo che gli altri fossero sempre i primi. Un giorno del 1976, quando gli dissero che la Città di Brescia, a lui e al suo amico Giovanni Borghetti, aveva assegnato il Premio della bontà intitolato a Pietro Bulloni, chiese e ottenne di condividerlo con tutti i volontari di “Fraternità”.

Giovanni, andato avanti all’inizio del terzo millennio e Giuseppe che lo ha raggiunto appena qualche giorno fa, sono stati testimoni instancabili della misericordia donata senza mai chiedere di che colore fossero la pelle e gli occhi di chi la riceveva. Costoro, dopo essere stati “gnari” dell’oratorio, quando il calendario segnava l’anno 1978, diedero concretezza a una straordinaria idea denominata “Fraternità”, un “pane buono” da mangiare insieme, in perfetta letizia, ricercando il bene che trasforma i semplici gesti, come ha scritto don Armando Nolli, in “anni di grazia, anni donati, anni ricevuti e aperti al futuro”, ma anche e soprattutto una cooperativa solidale e sociale a cui davano forza e coraggio i volontari. Da allora “Fraternità” continua il suo meraviglioso corso e altri “Giuseppe e Giovanni” sono impegnati a lastricare le strade con altre generosità e altri segni di bontà. E’ il frutto della buona semente messa a dimora da “due pazzi”, forse da legare o forse solo da santificare.

LUCIANO COSTA 17 mag 2018 08:50