lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
Brescia
di ADRIANO BIANCHI 05 lug 2018 10:22

L'attesa dei nuovi parroci

Ci vorrà il fiato di un maratoneta, nei prossimi giorni, al Vescovo e al nuovo “Consiglio per le destinazioni dei ministri ordinati” per chiudere entro fine luglio la partita della provvista delle parrocchie vacanti in diocesi di Brescia

Ci vorrà il fiato di un maratoneta, nei prossimi giorni, al Vescovo e al nuovo “Consiglio per le destinazioni dei ministri ordinati” per chiudere entro fine luglio la partita della provvista delle parrocchie vacanti in diocesi di Brescia. Una stima più o meno a spanne conta sulla carta in movimento oltre una trentina di sacerdoti per una copertura di una sessantina di parrocchie, senza contare i curati, novelli compresi, e altre conseguenti destinazioni. Ora poi che il quadro degli stretti collaboratori del Vescovo è quasi del tutto definito con il nuovo assetto degli uffici di Curia, lo sguardo dovrà tornare necessariamente a focalizzarsi sul territorio e quel patrimonio di fede e di vita che è la parrocchia: chiesa tra le case, comunità dove la gente vive, “vecchia fontana del villaggio, che disseta le varie generazioni”, come la definiva san Giovanni XXIII. E mentre la calura estiva favorisce gli allegri ritrovi degli appassionati di gossip ecclessiastico e le disquisizioni più o meno informate a suon di fette di anguria sul “chi sale e chi scende” per occupare le varie sedi monsignorili o abbaziali vacanti, val la pena non scordare quanto vale il legame tra i parroci e le loro comunità, e quanto il loro ruolo e un’autorevolezza ancora riconosciuta siano l’ossatura imprescindibile non solo della Chiesa, ma anche della società bresciana e del suo modo di essere comunità. Grandi comunità come Ghedi, Montichiari, Chiari, Manerbio, Bagnolo Mella e altre più piccole come Cellatica, Castelcovati, Maderno, Folzano, Rezzato, Pontevico (solo per citarne alcune) nelle prossime settimane conosceranno il nome del loro nuovo pastore. Nel desiderio di sapere chi saranno gli eletti non c’è però solo la necessità di chi vuol sanare una puriginosa curiosità, c’è spesso, soprattutto nelle comunità interessate, un’attesa che è di tutto un tessuto umano che non smette di vedere nel parroco un punto di riferimento, non solo spirituale, ma decisivo per la vita del proprio territorio.

Penso ad esempio a tutti quei paesi in cui ci sono istituzioni e attività che più o meno direttamente fanno riferimento alla parrocchia. Al parroco è affidato un compito a volte anche delicato nel raccogliere e rinnovare una storia di fede che nei decenni ha saputo tradursi in educazione, assistenza, impegno sociale. Un compito concreto, così bresciano, a cui, pur con le dovute distinzioni e con l’aiuto fondamentale di laici competenti, come Chiesa non possiamo abdicare pena il non tradurre in fatti l’annuncio del Vangelo. Nel desiderio delle comunità che attendono il nuovo parroco c’è poi la speranza d’incontrare un uomo affabile, di fede e di buon senso, capace di accompagnare, magari di rimettere in moto situazioni bloccate, di sciogliere nodi e contrasti che ai più appaiono insuperabili. Preti di comunione, di riconciliazione, di passione ardente per il Vangelo, fedeli alla propria gente, soprattutto attenti ai più piccoli e ai più deboli. Regola d’oro: se il prete ha cura dell’oratorio e dei malati entra immediatamente nel cuore della sua gente. Coloro che arrivano porteranno certamente la loro storia e le proprie sensibilità. Saggiamente qualcuno ricorda che “è buona regola che il primo anno il parroco obbedisca a tutti, compreso il sacrista”. C’è in questo un richiamo all’ascolto quasi a dire: “Come parroco sono l’ultimo arrivato e nel cammino con voi mi metto in coda”. E se per il prete questa è una disposizione spirituale da coltivare e dice che il suo legame con la parrocchia, piccola o grande che sia, non è di tipo aziendale, ma comunionale, alla gente è chiesta benevolenza e un anticipo di fiducia verso il nuovo pastore. Chi arriva non è un nuovo manager che deve far funzionare tutto al meglio. La parrocchia è per lui la sua famiglia; le persone con cui è chiamato a vivere i suoi cari; le relazioni da costruire il terreno su cui si gioca il senso della sua vita. Il legame è stringente, necessario, vitale. Né il prete né la comunità si possono pensare a se stanti. Esistono l’uno per l’altra. Insieme camminano incontro al Signore. 

ADRIANO BIANCHI 05 lug 2018 10:22