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di LUCIANO PACE 18 mag 2018 13:10

L’Irc espressione di laicità

"Ora, se la Costituzione prevede addirittura la possibilità di far proseliti ed esercitare il culto in privato e in pubblico, perché mai l’insegnare una dottrina di fede in aula, secondo finalità scolastiche e in dialogo con altre tradizioni culturali e religiose, dovrebbe contrastare con la laicità repubblicana?"

Nei giorni scorsi l’Insegnamento delle religione cattolica (Irc) è tornato al centro dell’attenzione della stampa e dei social networks. L’occasione è stata favorita da alcune disposizioni attuative della Legge 107/2015 (la Legge nota come “Buona scuola”) in base alle quali l’insegnante di Religione Cattolica è diventato parte della Commissione degli esami di fine Primo Ciclo d’Istruzione (gli ex esami di terza media). Anche se dal 1984 (anno della revisione del Concordato Lateranense) è la prima volta che l’insegnante di Religione Cattolica parteciperà ad un esame pubblico, a quanto pare tale circostanza è assolutamente fortuita: una sorta di “svista” nella stesura di un Decreto Ministeriale (DM). Al posto di riferirsi al consueto comma 1 dell’art. 185 del Testo unico n. 297/1994, nel quale erano indicati come membri della Commissione d’esame gli insegnanti delle discipline ritenute obbligatorie (tra le quali non figurava l’IRC), il DM n. 741/2017 (attuativo della “Buona scuola”) prevede che tale Commissione sia composta “da tutti i docenti del Consiglio di classe”, perciò anche dagli insegnanti di Religione Cattolica. Una simile circostanza ha dato origine ad una serie di rinnovate polemiche nei confronti dell’IRC. Alcune fra queste meritano attenzione e riflessione.

Per esempio, qualcuno si domanda come sia possibile giustificare la presenza ad un esame pubblico di un insegnate la cui disciplina, pur essendo curricolare, non è pubblica a tutti gli effetti (infatti, l’IRC non rientra fra le discipline pubbliche, cioè quelle delle classi di concorso statali). Tuttavia, accanto alle legittime perplessità, sono riemerse per l’occasione anche antiche prese di posizione ideologiche contro l’IRC. Per esempio, il fatto che, in quanto espressione del Concordato, non sia promotore di una vera laicità a scuola; che sia un’intromissione indebita della Chiesa Cattolica negli affari della Repubblica; che sarebbe meglio eliminare l’IRC a favore di un neutrale insegnamento di storia delle religioni; ecc. Simili polemiche, retaggio di antiche dispute, non meriterebbero troppa attenzione. Tuttavia, ci si potrebbe domandare: in che senso L’Irc sarebbe in contrasto con la laicità repubblicana? Per rispondere serve anzitutto comprendere che un vero contrasto ci sarebbe solo se la Costituzione proibisse tassativamente di insegnare in forma pubblica una determinata religione. Tuttavia, l’art. 19 recita che, nei limiti del rispetto del buon costume, “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto”.

Ora, se la Costituzione prevede addirittura la possibilità di far proseliti ed esercitare il culto in privato e in pubblico, perché mai l’insegnare una dottrina di fede in aula, secondo finalità scolastiche e in dialogo con altre tradizioni culturali e religiose, dovrebbe contrastare con la laicità repubblicana? Al contrario, l’IRC non potrebbe essere esempio di attuazione di una laicità, quella italiana, che ha saputo accettare una tradizione di fede in grado di promuovere anche valori repubblicani? Perciò, può darsi che a qualcuno risulti difficile accettare l’IRC come esempio di laicità, perché immagina già la laicità come qualcosa di contrastante con la religione, in qualsiasi forma. Ma, per quanto la si desideri, una simile laicità contrastiva della religione non c’è fra le righe della Costituzione. Essa abita nella fantasia di chi pretende di usare la Costituzione per contrastare una fede su cui ha solo vaghe idee.

LUCIANO PACE 18 mag 2018 13:10