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di ADRIANO BIANCHI 31 gen 2020 14:19

La debolezza diventi forza

A ben guardare, anche nel Bresciano, non c’è giorno senza che si registrino episodi di violenza. La cronaca è implacabile e i fatti ci restituiscono tutte le sfumature più bestiali dell’animo umano

A ben guardare, anche nel Bresciano, non c’è giorno senza che si registrino episodi di violenza. La cronaca è implacabile e i fatti ci restituiscono tutte le sfumature più bestiali dell’animo umano. Almeno tre episodi in questi giorni ci fanno riflettere. Anzitutto la violenza omicida che è costata la vita di Francesca Fantoni di Bedizzole. Un conoscente ha confessato, il movente sembra passionale. Di certo c’è una vita spezzata, un sorriso spento, una famiglia e degli amici nella disperazione, una comunità, quella di Bedizzole, che s’interroga, che si scopre più debole perché ferita in quella rete di rapporti umani che permettevano a Francesca di sentirsi in tutto il paese a casa. Bisognerà ridar voce a questi legami perchè la debolezza diventi forza.

A Rezzato, invece la violenza è intimidatoria, razzista, xenofoba. Il bar di Madiha, ragazza italomarocchina, è devastato, bollato coi simboli di un passato che troppi amano evocare con superficialità senza quasi capirne l’odioso valore simbolico. Colpisce nel giorno della Memoria, colpisce una comunità sana e solidale come quella di Rezzato. La violenza subita potrebbe generare paura, ma la gente scende in piazza, la debolezza diventa denuncia, forza e azione sociale.

Infine c’è la violenza gratuita subita da un parroco della città malmenato sul sagrato della sua chiesa mentre cerca di sedare una lite. L’ha raccontato in una lettera sul giornale. Dentro si respira lo stordimento per l’attacco inaspettato, l’amarezza per la rabbia che gli aggressori manifestano contro la Chiesa e il suo essere prete, la rassegnazione forse nel constatare che il nostro investimento educativo ecclesiale tra catechismo e oratorio anche questa volta non è bastato a fare di quel ragazzo, come direbbe Don Bosco, “un buon cristiano e un onesto cittadino”. Il don è debole, ma alla violenza subita oppone una mano tesa, perdono, disponibilità all’ascolto perché nulla vada perduto: il don è forte. La logica dei fatti chiederebbe una denuncia, una punizione esemplare: ci pensi lo Stato. Il Vangelo che plasma le vite chiede reazioni a volte coraggiose. Soprattutto perché la violenza si spegne nei cuori oltre che nei gesti e la debolezza torni ad essere forza.

ADRIANO BIANCHI 31 gen 2020 14:19