lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
Brescia
di GABRIELE BAZZOLI 28 feb 2019 08:53

Proteggere e non perdere la passione

Non potremo mai smettere di accompagnare, educare, sostenere i deboli, fasciare le ferite, prendere la parte degli offesi, degli ultimi, di chi non potrà reagire; non potremo mai smettere di raccontare il Vangelo ai piccoli

È sabato sera. Rientro dalla valle Camonica da un corso di formazione sull’animazione con una trentina adolescenti entusiasti. La radio rilancia notizie e commenti sull’incontro voluto da papa Francesco sulla “Protezione dei minori nella Chiesa” in Vaticano. Le gallerie della statale Sebina orientale interrompono continuamente il segnale della radio e i pensieri si incrociano più discordanti che mai. Forse non è stato capito da tutti, dentro la Chiesa, lo sconcerto, la rabbia, il senso di vuoto enorme che può suscitare in un papà, in una mamma o in un giovane la notizia (magari anche lontana o non precisa) di un minore abusato da un educatore, un allenatore o un religioso nel contesto della comunità cristiana. Il fatto che un incontro pubblico – sul quale la stampa non ha certo mancato di dare ampia copertura mediatica – abbia in qualche modo svelato un pezzo non piccolo della sozzura della nostra Chiesa è un necessario bagno di realtà. E se la prima preoccupazione della Chiesa (e di ogni istituzione che si occupa di minori) è e dovrà essere la loro tutela – in questo senso vanno la road map in 21 punti e il motu proprio annunciato da papa Francesco − nondimeno sarà importante rendersi conto che il tema pedofilia ha segnato e segnerà in modo significativo l’immagine del cattolicesimo per molti uomini e donne del nostro tempo. Un’impronta che riguarda chi è stato coinvolto (vittima o accusato, colpevoli e innocenti, superiori e colleghi), ma indelebilmente anche chi, ed è la maggioranza, non ha nulla a che vedere con tutto questo. Per l’educatore di oratorio, il catechista, il prete, la religiosa che hanno speso e continuano a spendersi in un servizio generoso, gratuito, spesso appassionato e competente per i ragazzi, un fardello del genere può essere troppo pesante. Anni di impegno, il desiderio di toccare le corde della vita dei piccoli perché possano accendersi, la formazione vissuta con l’entusiasmo degli esordi, magari a 50 o a 60 anni, e poi?

La paura di un giudizio immeritato, lo sguardo di un genitore che non si fida, qualche commento tanto generico, quanto crudele... Sento, annuso nell’aria il rischio di smettere, di abbandonare l’attività educativa, di cedere e rintanarsi nella sicurezza del culto perché avventurarsi in oratorio può sembrare una sfida troppo grande. Potrò fidarmi dei miei educatori al campo estivo? Come devo comportarmi con i ragazzi e gli adolescenti? Quel mio abbraccio non sarà stato frainteso? Ci sono ancora spazi per una azione educativa che guarda a tutta la persona oppure è meglio ritagliarsi lo spazio di un’istruzione intellettuale, algida e distaccata, ma pressoché priva di ogni malainterpretazione? Rivedo in queste domande i dubbi fra Fazio, il sacrestano di padre Cristoforo, nei Promessi Sposi: “Ma padre, padre! di notte... in chiesa... con donne... chiudere... la regola...”. E in quelle pagine trovo un primo abbozzo di risposta. Perché non potremo mai smettere di accompagnare, educare, sostenere i deboli, fasciare le ferite, prendere la parte degli offesi, degli ultimi, di chi non potrà reagire; non potremo mai smettere di raccontare il Vangelo ai piccoli, non potremo rinunciare al cortile dell’oratorio, alle parole sottovoce che ridanno vita a chi si sente incompreso, non potremo abbassare lo sguardo e nemmeno la voce guardando alle ingiustizie del nostro tempo, alle promesse sparse con abbondanza da chi crede che non dovrà mai renderne conto. Non potremo, perché questa è la missione della Chiesa. E, allora, senza accettare le accuse indiscriminate, ma con assoluto rigore e dedizione (ci sarà modo di condividere alcune regole preventive a tutela di chi ci è affidato), non c’è altra strada se non quella di continuare, di provare ad esserci con l’entusiasmo, la fatica e la certezza che nessuno potrà mai rubarci la freschezza del Vangelo. Oggi più di ieri.

GABRIELE BAZZOLI 28 feb 2019 08:53